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NEWSLETTER n° 21 - 28 giugno 2019

  • UN'AUTENTICA LIBERTA' - Paolo Scquizzato
  • LECTIO DIVINA - 30 Giugno 2019 - XIII Domenica del T.O. / C

Un'autentica libertà

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Il cristianesimo non è questione di adeguamento, ma di compimento.
Non siamo chiamati a imitare Cristo, ma a dargli compimento in noi stessi. La nostra vita non consiste nell’adeguarsi ad una verità estrinseca a noi, ma nel portare alle estreme conseguenze la verità della nostra stessa vita, ossia dare spazio al principio divino che è in noi sino a configurarci con esso.

Il Vangelo di oggi ci dona anche il segreto perché tutto questo possa compiersi: abbandonare tane, nidi e padri. Traducendo, potremmo affermare che è necessaria una decisione che rompa anzitutto con l’immagine della madre; tane e nidi sono infatti simbolo dell’utero materno, ossia il mondo dei bisogni e delle sicurezze. Gesù invita a rompere con tutto ciò che ha a che fare con i nostri desideri, le nostre fiducie e certezze, di qualsiasi genere materiali, immaginifiche, religiose esse siano.
In un altro passo Gesù pare ancora più esigente e duro: «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14, 26, versione del ‘74).
Ma questa rottura non va letta come una rinuncia fine a se stessa, ma piuttosto come possibilità per un’autentica libertà. È nel vuoto e nell’abbandono – ossia ciò che la mistica chiama puro silenzio – che il divino può finalmente compiersi in noi. L’io deve essere liberato non tanto da qualcuno o da qualcosa, bensì ‘per’ potersi compiere in pienezza. Attenzione tane e nidi possono includere anche le nostre immagini di Dio, il nostro presunto rapporto con lui nel quale siamo soliti provare protezione, comprensione, rifugio… È interessante notare che solo nel momento in cui Gesù sulla croce grida: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?» (Mt 27, 46; Mc 15, 34), può anche dire: «Padre nelle tue mani consegno il mio Spirito» (Lc 23, 46).

Poi Gesù invita a rompere altresì con l’immagine del padre (v. 60), ovvero col mondo di quegli affetti, di quei doveri, di quei rapporti che hanno il potere di determinarci, di esercitare un forte influsso su di noi, dominandoci. Proviamo a chiederci: quanto potere abbiamo concesso alle ‘personalità forti’ incontrate sul nostro cammino, impedendoci di fatto di vivere la nostra vita fino in fondo?

Occorre insomma abbandonare i morti (cfr. 60), e slegarci da tutto ciò che presumiamo sia in grado di donarci vita dall’esterno. L’essenziale per vivere abita in noi. Occorre solo crederci fino in fondo, ossia prendere consapevolezza, e poi concederle spazio, lasciarla fiorire, affinché possiamo cominciare a vivere veramente.

Paolo Scquizzato, Omelia XIII Domenica del T. O / C

LECTIO DIVINA

30 Giugno 2019
XIII Domenica del T.O. / C

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1Re 19,16b.19-21;Sal.15/16,1-2.5.7-11;Gal 5,1.13-18;Lc 9,51-62



Le letture di questa XIII domenica del tempo ordinario ci indicano i diversi modi per seguire Cristo, la sequela non è una decisione presa soltanto quando facciamo una scelta di vita ma è il decidere di seguire una Persona per sempre. Infatti, seguire Cristo non è una cosa come un’altra, chi intraprende questo cammino deve sapere fin dall’inizio che sarà il discepolo di un povero che non ha un luogo dove posare il capo.


Testo e commento alle letture

Dal primo libro dei Re (1Re 19,16.19-21)

In quei giorni, il Signore disse a Elìa: «Ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto». Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elìa, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elìa, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elìa disse: «Va' e torna, perché sai che cosa ho fatto per te». Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elìa, entrando al suo servizio.

La prima lettura tratta dal 1 libro dei Re ci presenta Eliseo che ara con dodici paia di buoi. Sembra essere un'abitudine compiere questo lavoro così pesante per preparare una terra difficile ad essere seminata. Ma giunge Elia che ha ricevuto la missione di passare a lui il testimone di profeta. L'incontro è un'investitura, ma si svolge come un fulmine a ciel sereno: il profeta getta il mantello sulle spalle del giovane, che comprende quanto sta succedendo e senza esitare aderisce alla chiamata. Lascia la ricca dotazione, va a salutare i genitori e ritorna per seguire Elia. Ognuno per l’altro può diventare una mediazione di Dio per la vita di un fratello.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Galati (Gal 5, 1.13-18)

Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l'amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge.

Nella Lettera ai Galati, Paolo scrive: “Cristo ci ha liberati per la libertà”. Paolo, per libertà, intende l’autenticità, la piena realizzazione di se stessi. La libertà vera non è un arbitrio, né assenza di legge ma è un avere un cuore non attaccato alle cose mondane e ancorato a Dio. La vera libertà di cuore porta ad amare gli altri senza vincoli e senza misura, porta ad agire solo per il bene del prossimo. Dio non ci comanda per farci diventare schiavi ma per renderci liberi nel suo Amore riversato sugli altri.



Testo e commento al Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9, 51-62)

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l'ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

Nel brano evangelico di questa XIII domenica del tempo ordinario l’evangelista parla di tre chiamate, tre brevi dialoghi su come seguire Gesù. I discepoli chiamati da Gesù subito rispondono “sì” seguito però da un “ma”, perché prima di seguire il Maestro ognuno vuole sistemare i propri affari. Il primo discepolo dice: “Ti seguirò, dovunque tu vada”. Ma Gesù subito gli mette davanti la difficoltà di seguirlo senza sosta e in tutti gli eventi della vita, dicendogli: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo”. Gesù con questa risposta fa capire al discepolo che non sono le sicurezze della vita che donano la gioia di seguirLo ma l’abbandono in Dio, infatti, Gesù non ha una fissa dimora perciò sperimentando la provvidenza del Padre e l’abbandono in Lui ogni giorno. Gesù rivolge anche agli altri discepoli lo stesso invito a seguirLo ma anche loro vogliono prima occuparsi delle loro faccende lavorative e familiari. Ti seguo Signore prima però lasciami…. Anche noi tante volte siamo pronti a seguire Cristo con le parole e diciamo subito “sì”, ma dopo mettiamo sempre delle condizioni, proprio come quei primi discepoli. La chiamata a seguire Gesù è un appello al servizio incondizionato del Regno di Dio come messaggio da proclamare. Tale compito esige l'abbandono totale in Lui il lasciare quei legami umani che ci rendono schiavi. A queste condizioni il chiamato realizza la sua vocazione di discepolo che è seguire Gesù sulla via che egli per primo ha percorso. Gesù invita anche noi a seguirlo senza rinnegare i legami e gli impegni della vita ma ci aiuta a vigilare su di essi perché non diventino ostacolo al Vangelo e al lasciarci guidare e plasmare da Lui.


Commento francescano

San Francesco esorta Bernardo a liberarsi dei beni materiali per seguire Dio con cuore libero e non attaccato alle cose del mondo.
Bernardo, un cittadino di Assisi, che poi divenne figlio di perfezione, volendo seguire il servo di Dio nel disprezzo totale del mondo, lo scongiurò umilmente di dargli il suo consiglio. Gli espose dunque il suo caso: «Padre, se uno dopo avere a lungo goduto dei beni di qualche signore, non li volesse più tenere, cosa dovrebbe farne, per agire nel modo più perfetto?». Rispose l'uomo di Dio: «Deve restituirli tutti al padrone, da cui li ha ricevuti». E Bernardo: «So che quanto possiedo mi è stato dato da Dio e, se tu me lo consigli, sono pronto a restituirgli tutto» (Vita seconda, Tommaso da Celano, FF 601).



Commento patristico

Tutti sono doni del mio Dio, non io li ho dati a me stesso.
Sono beni, e tutti sono io.
E’ buono chi mi fece, anzi lui stesso è il mio bene,
e io esulto in suo onore per tutti i beni di cui anche da fanciullo era fatta la mia esistenza. Tutto ciò che mi hai donato crescerà e si perfezionerà e io medesimo sussisterò con te, poiché tu mi hai dato di sussistere (Sant'Agostino, Confessioni X, 27.38).


Orazione finale

Insegnaci Signore a liberarci da tutto ciò che non ci rende pronti per seguirti nel cammino della vita, fa che impariamo da Te a purificare il nostro cuore da ogni forma di attaccamento per affidarci totalmente al Padre che sempre viene incontro ai nostri bisogni. Amen.

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