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NEWSLETTER n° 18 - 31 maggio 2019

  • IL PARACLITO - Da un'omelia a Santa Marta di Papa Francesco
  • LECTIO DIVINA - 2 Giugno 2019 - VII Domenica di Pasqua - Ascensione del Signore / C

Il Paraclito

Spirito
Nel discorso di congedo ai discepoli prima di salire al cielo Gesù, dice, ci fa una vera catechesi sullo Spirito Santo, ci spiega chi è. I discepoli sono tristi al sentire che il loro maestro fra poco li lascerà e Gesù li rimprovera per questo, perché, ha ribadito Francesco «la tristezza non è un atteggiamento cristiano». Ma come si fa a non essere tristi?
«Contro la tristezza – ha confidato – nella preghiera abbiamo domandato al Signore che mantenga in noi la rinnovata giovinezza dello spirito». E qui entra in campo lo Spirito Santo perché è Lui che fa che ci sia in noi quella giovinezza che ci rinnova sempre. «Un cristiano triste è un triste cristiano: non va», ha sostenuto il Pontefice. «Lo Spirito Santo – ha affermato – è quello che ci accompagna nella vita, che ci sostiene», è il Paraclito.

«Paraclito: la parola paraclito – ha spiegato – vuol dire “quello che è accanto a me per sostenermi” perché io non cada, perché io vada avanti, perché io conservi questa giovinezza dello Spirito. Il cristiano sempre è giovane: sempre. E quando incomincia a invecchiare il cuore del cristiano, incomincia a diminuire la sua vocazione di cristiano. O sei giovane di cuore, di anima o non sei pienamente cristiano».

Francesco, sottolineando che nella vita ci saranno dei dolori, ha portato l’esempio di Paolo e Sila che erano stati bastonati e soffrivano, «ma erano pieni di gioia, cantavano»: «Questa è la giovinezza. Una giovinezza che ti fa guardare sempre la speranza: questo, avanti! Ma per avere questa giovinezza ci vuole un dialogo quotidiano con lo Spirito Santo, che è sempre accanto a noi».

E anche se siamo dei peccatori, lo Spirito ci aiuta a pentirci e ci fa guardare avanti: «Parla con lo Spirito: Lui ti darà il sostegno e ti ridarà la giovinezza». Il peccato invece invecchia: «Invecchia l’anima, invecchia tutto». E ha sottolineato ancora: «Mai questa tristezza pagana». Nella vita ci sono dei momenti difficili ma in questi momenti «si sente che lo Spirito ci aiuta ad andare avanti e a superare le difficoltà.

Da un'omelia a Santa Marta di Papa Francesco

LECTIO DIVINA

2 Giugno 2019
VII Domenica di Pasqua - Ascensione del Signore / C

Ascensione
At 1,1-11; Eb 9,24-28; 10,19-23; Lc 6,27-38



Gli eventi immediatamente successivi alla risurrezione che la liturgia ci presenta ci descrivono la delusione (come il caso dei discepoli di Emmaus), di paura (come quando le donne fuggono dal sepolcro), o le porte chiuse del Cenacolo dove i discepoli si sono chiusi dentro. Sì, il rischio di rimanere delusi, fermi e chiusi dentro di noi è sempre in agguato! Ma oggi notiamo che questo Dio in Gesù è in mezzo a noi e interviene proprio per rimettere in moto le nostre vite che rischiano di rimanere inceppate nelle situazioni quotidiane o nel passato spesso non poi così piacevole! Ma l’evento dell’ascensione è venuto proprio a donarci la capacità di sguardi evangelici che hanno il coraggio di vederLo ancora vivo in mezzo a noi nei suoi ministri, nella Chiesa e in ogni Sacramento da Lui istituito.



Testo e commento alle Letture

Dagli Atti degli Apostoli (1,1-11)

Nel primo racconto, o Teofilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, “quella- disse – che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo”. Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: “Signore, è questo il tempo nel quale ricostruirai il regno per Israele”?. Ma egli rispose: “Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra”. Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”.

L’autore di questo libro ispirato sappiamo bene che è Luca e il “primo racconto” viene considerato il suo vangelo, dunque quest’opera viene a completare la precedente. Così la conclusione del vangelo di Luca ci aiuta a comprendere meglio l’inizio degli “Atti degli Apostoli” dove l’ascensione di Gesù viene narrata esplicitamente. La dipartita di Gesù è qui preceduta da un colloquio in cui i discepoli, ancora rinchiusi nelle loro idee, domandano se non sia giunto adesso il momento di stabilire il Regno di Israele. A questa idea di un rinnovato regno davidico Gesù contrappone una promessa ed un incarico. La promessa è che essi saranno colmati della forza dello Spirito Santo; l’incarico consiste nel fatto che dovranno essere i suoi testimoni fino ai confini del mondo. L’importante è dunque comprendere che il cristianesimo è Presenza: dono e compito; essere gratificati dalla vicinanza interiore di Dio e, in base a ciò, essere attivi nella testimonianza della costruzione della chiesa.



Dalla lettera agli Ebrei (9,24-28; 10,19-23)

Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza. Fratelli, poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e poiché abbiamo un sacerdote grande nella casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso.

Questi versetti della lettera agli Ebrei che oggi la liturgia ci propone ci dicono che Cristo ha realizzato un unico sacrificio valido ed efficace per la riconciliazione dei peccatori con Dio. Sì, con il sangue di Cristo abbiamo la radicale liberazione dell’uomo dal peccato, la definitiva redenzione. Importante è tale evento perché da un sistema sacrificale liturgico legato agli atti umani si passa ora a un sacrificio unico, perfetto e puro che è compiuto dal Figlio di Dio, il mediatore della nuova alleanza tra il Padre e l’umanità. Da tutto quanto detto scaturisce per noi la nostra fiducia, la fortezza della fede, la fermezza della nostra speranza. A noi la scelta! (cfr Gianfranco Ravasi)



Testo e commento al Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca (6,27-38)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”. Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
In questo brano si sottolinea la conclusione del percorso terreno di Gesù in cui Egli è stato rifiutato e crocifisso mentre Dio ne ha confermato la verità col farlo risorgere dai morti. La croce e la morte è un passaggio unico necessario per fare l’esperienza della gloria. L’ascensione di Gesù riprende il modello dell’ascensione di Elia (2Re). Questo vuol dire che come Elia è salito al cielo consegnando il suo ministero profetico a Eliseo; così Gesù sale al cielo affinché i suoi discepoli divengano suoi testimoni. La partenza di Gesù non ha portato nei discepoli tristezza, ma gioia. Ogni addio però lascia dietro di sé un dolore, come fare quindi a svolgere questo arduo compito di essere suoi testimoni? Senza dubbio i discepoli non si sentono abbandonati, loro hanno la certezza che la destra di Dio alla quale Egli ora è innalzato implica un nuovo modo di essere alla sua presenza (dalle omelie di Joseph Ratzinger). Tale episodio dell’ascensione è un momento di congedo, è la fine del vangelo ma anche gli inizi degli Atti degli apostoli. Questo è un evento che genera proprio perché permette di prendere congedo da quello che è stato. Per ripartire occorre pendere atto che le cose sono cambiate. A volte è proprio questa la fatica più grande: le cose non rimangono mai uguali per sempre, c’è una novità in cui di volta in volta dobbiamo entrare. Ma insieme al cambiamento c’è anche una promessa: il testo del Vangelo dice infatti che anche dopo l’ascensione il Signore agiva con loro. E’ vero, il contesto è diverso ma Gesù non li abbandona e loro ne sono consapevoli. E noi? (cfr Gaetano Piccolo)



Commento patristico

Immaginiamo che il Signore nostro abbia scritto un testamento e che nel suo testamento abbia inserito le sue ultime volontà. Previde infatti le future contese dei figli cattivi previde che gli uomini avrebbero cercato di spartirsi a proprio vantaggio la sua proprietà! Perché infatti non dovrebbero fare a pezzi ciò per cui non hanno pagato un prezzo? Cristo invece non volle che venisse divisa la sua tunica, cucita tutta d’un pezzo dall’alto in basso! Fu tirata a sorte. In quella veste predicata la carità, tessuta dall’alto. Dalla terra viene la cupidigia dall’alto la carità. Coraggio, fratelli: il Signore ha scritto il suo testamento, vi ha messo le ultime volontà. Guardatelo vi prego e smuova voi come smuova noi, vi smuova se è possibile (Dal discorso 265 di Agostino).


Commento francescano

Nella parabola autobiografica della “Perfetta Letizia” è evidente la fatica che il santo di Assisi ha dovuto affrontare per testimoniare con la sua vita la sua adesione a Gesù. Ascoltiamo solo l’ultima parte:
Ecco io torno da Perugia. E tutto nel fango e nel freddo e nel ghiaccio, giungo alla porta e, dopo che ho picchiato e chiamato a lungo, viene un frate e chiede: “Chi è?”. Io rispondo: “Frate Francesco”. E quegli dice: Vattene, non è ora decente questa di andare in giro; non entrerai. E poiché io insisto ancora, l’altro risponde: ”Vattene, tu sei un semplice e un illetterato, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti e tali che non abbiamo bisogno di te”. E io resto ancora davanti alla porta e dico: “Per amor di Dio, accoglietemi per questa notte”. E quegli risponde: “Non lo farò. Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là”. Io ti dico che, se avrò avuto pazienza e non mi sarò inquietato in questo è vera letizia e vera virtù e la salvezza dell’anima.
Francesco, in quella notte di inverno avrebbe avuto tutto il diritto di essere accolto con gioia alla Porziuncola, eppure proprio coloro che avrebbero dovuto aprirgli la porta gli si mettono contro. I tradimenti della vita arrivano improvvisi, e quando nascono dalla chiusura del cuore e dal tradimento dei fratelli diventano tragici, obbligando ad una solitudine ingiusta e disperata. Quella porta chiusa incontrata da Francesco costituiva una domanda aperta: tu sei un fratello che accoglie con disponibilità gli eventi attingendo alla pazienza e all’umiltà di cuore oppure sei un padrone spodestato dal suo dominio che sarà assalito dalla rabbia e dall’ira? E anche noi quando abbiamo fatto la stessa esperienza come abbiamo agito? (cfr Fate attenzione, fratelli - P. Maranesi) .


Orazione finale

O alto e glorioso Dio, illumina le tenebre de lo core mio, e damme fede diritta, speranza certa e caritade perfetta, senno e cognoscimento, Signore, che faccia lo tuo santo e verace comandamento. Amen.

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