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NEWSLETTER n° 9 - 7 marzo 2019

  • LO SPARLARE DEGLI ALTRI HA IL POTERE DI INCOMINCIARE LE GUERRE - Papa Francesco
  • LECTIO DIVINA - 10 Marzo 2019 - I Domenica di Quaresima / C

Lo sparlare degli altri ha il potere di incominciare le guerre

Chiacchiericcio
“Il chiacchiericcio non finisce nel chiacchiericcio; il chiacchiericcio va oltre, semina discordia, semina inimicizia, semina il male. Sentite questo, non esagero: con la lingua incominciano le guerre. Tu, sparlando degli altri, incominci una guerra. Un passo verso la guerra, una distruzione. Perché è lo stesso distruggere l’altro con la lingua e con una bomba atomica, è lo stesso. Tu distruggi. E la lingua ha il potere di distruggere come una bomba atomica. È potentissima. […] Con gli insulti, con lo sparlare degli altri incominciano tante guerre: guerre domestiche – si incomincia a gridare –, guerre nel quartiere, sul posto di lavoro, nella scuola, nella parrocchia… Per questo Gesù dice: «Prima di sparlare degli altri, prendi uno specchio e guarda te stesso; guarda i tuoi difetti e vergognati di averne. E così diventerai muto sui difetti degli altri»”
Papa Francesco, nell’omelia pronunciata durante la visita alla parrocchia romana di San Crispino da Viterbo a Labaro, si è soffermato sull’ipocrisia e la tendenza a criticare gli altri senza prima guardare i propri limiti e difetti. È una pratica maligna che si è abituati a seguire un po’ per l’inerzia data da un atteggiamento egoistico. Gesù dava degli ipocriti ai farisei, ai dottori della legge che dicevano una cosa e ne facevano un’altra, e consiglia: «È più bello che tu guardi i tuoi difetti e lasci vivere in pace gli altri. Non metterti nella vita altrui: guarda i tuoi».
Meglio parlare chiaro e diretto, non alle spalle, facendosi anche aiutare, se non si sortiscono gli effetti sperati, da chi può porre rimedio a questo comportamento. E il Papa, in vista della ormai prossima Quaresima, fornisce degli spunti di riflessione personale, ricordando che la voglia di criticare può essere fermata con la preghiera, per sé e per l’altro, e il silenzio quando si sente il desiderio di sparlare.
“Come io mi comporto con la gente? Come è il mio cuore davanti alla gente? Sono un’ipocrita, che faccio un sorriso e poi da dietro critico e distruggo con la mia lingua? E se noi alla fine della Quaresima saremo stati capaci di correggere un po’ questo, e non andare sempre criticando gli altri da dietro, vi assicuro che la Risurrezione di Gesù si vedrà più bella, più grande tra noi”.

Papa Francesco

LECTIO DIVINA

10 Marzo 2019
I DOMENICA di QUARESIMA / C

deserto-quaresimale
Dt 26,4-10; Sal90/91,1-2.10-15; Rm 10,8-13; Lc4,1-13



Oggi celebriamo la prima domenica di Quaresima: tale tempo liturgico e già iniziato mercoledì scorso con il rito dell’imposizione delle ceneri che ci ha ricordato la nostra realtà: veniamo dalla polvere e ritorneremo a essere polvere. Tutto questo, però, non deve spaventarci ma donarci l’occasione di andare al cuore della nostra vita battesimale dove c’è l’incontro tra Dio (che in Cristo risorge e nello Spirito ci dona la vita da risorti) e l’uomo. L’uomo è chiamato ad un impegno quotidiano per individuare tutte quelle situazioni che lo portano lontano da Dio e sono contro la sua stessa felicità.



Testo e commento alle Letture

Dal libro del Deuteronomio (26,4-10)
Mosè parlò al popolo e disse: ”Il sacerdote prenderà la cesta delle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”. Le deporrai davanti al Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio.

Il Dio che questo brano ci presenta non viene celebrato con visioni mistiche o astratte, ma attraverso i Suoi interventi storici (nella vita del popolo ebraico); infatti i versetti 5-9 sono considerati una specie di piccolo “credo” che riassume in sé gli eventi della salvezza: la vocazione dei patriarchi (Giacobbe “Arameo errante”), l’esodo dall’Egitto e il dono della terra promessa. Questo credo veniva professato e ambientato nella liturgia primaverile delle primizie. Il pio Israelita, quindi, presentando tali primizie al tempio manifesta la convinzione che tutto ciò che possiede è dono di Dio! La fede ebraica è quindi storica, concreta. Il professare la fede per noi oggi, allora, significa riconoscere la Sua presenza incarnata nelle nostre vicende umane spesso fragili e pesanti. (cfr Padre Pennacchini ofm e G. Ravasi)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (10,8-13)
Fratelli che cosa dice (Mosè)? “Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore”, cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la bocca proclamerai: ”Gesù è il Signore!”, e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.
Dice infatti la Scrittura: “Chiunque crede in lui non sarà deluso”. Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”.

Paolo in questi pochi versetti ci mostra la via possibile a tutti gli uomini per essere salvi e ottenere così giustizia. Per giustizia qui s’intende la salvezza offerta a chi crede e cioè a chi sceglie nella fede di aderire al dono della grazia che è reso presente a noi in Cristo Gesù. In altre parole, quindi, la giustizia che viene dalla fede (e non dalle opere della legge) ci è offerta in Cristo che è presentato con una professione di fede che contiene elementi essenziali del credo cristiano. Si deve, infatti, proclamare (e quindi credere) che “Gesù è il Signore” e che “Dio lo ha resuscitato dai morti”. Tutto questo deve essere proclamato con l’adesione totale della coscienza (e cioè con il cuore) e con quella esistenziale della testimonianza (che è con la bocca). Bocca e cuore sono inseparabili. Attraverso la professione globale della fede nasce la salvezza: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato” (cfr fr Bruno Pennacchini, ofm e G. Ravasi)



Testo e commento al Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca (4,1-13)
In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: ”Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane”. Gesù rispose: ”Sta scritto: ”Non di solo pane vivrà l’uomo”.
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: ”Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo”. Gesù gli rispose: ”Sta scritto: “il Signore Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”.
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinchè essi ti custodiscano”; e anche: ”Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”. Gesù gli rispose: ”E’ stato detto: ”Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”. Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

In questo brano l’evangelista Luca ci dice che Gesù è di ritorno dal Giordano ed è nella pienezza di Spirito Santo ricevuto dal battesimo. Questo stesso Spirito lo conduce nel deserto per quaranta giorni a somiglianza del popolo d’Israele che era stato condotto per quaranta anni “per sapere che cosa aveva realmente nel cuore” (Dt8,2); infatti solo nel deserto, dove si sperimenta una solitudine assoluta, l’uomo può fare delle scelte decisive: accettare o rifiutare il primato di Dio nella vita concreta di ogni giorno. Lo stesso maligno che fin dall’origine aveva ingannato l’uomo provocandogli tante sofferenze, ora ci prova anche con Gesù approfittando del suo momento di debolezza (Gesù finiti i quaranta giorni ebbe fame); ma Gesù in tutte e tre le tentazioni demoniache ne esce vittorioso perché si appoggia alla Scrittura. Alla prima tentazione il diavolo si rifà alle parole del Battesimo “Tu sei mio figlio”…e gli chiede di mettere al suo servizio tale potenza trasformando quasi per magia delle pietre in pane; ma Gesù risponde (con le Parole del Deuteronomio) “non di solo pane vivrà l’uomo” e cioè: la vita non viene a noi primariamente dal cibo, ma da Qualcuno che si pone in relazioni con noi e tra di noi. La seconda e terza tentazione riguardano il tema del potere. Infatti la seconda si svolge sulla strada verso Gerusalemme e sappiamo bene che proprio in tale luogo si compie la suprema prova della messianicità di Gesù: egli dovrebbe rifiutare la salvezza attraverso la povertà della croce! Ma Lui ancora una volta si rifà alle scritture e risponde: “solo al Signore tuo Dio ti prostrerai” e così si abbandona con fiducia al disegno salvifico del Padre. La terza, infine, si svolge proprio nel luogo santo di Gerusalemme, il Tempio: qui il demonio chiede di avere una fede che chiede segni per l’adesione al suo volere; ma Gesù, ancora una volta, si appoggia alla Scrittura e risponde: non provocare Dio costringendoLo a fare la nostra volontà. In conclusione Luca ci dice che il diavolo, sconfitto, se ne va, ma ritornerà al momento opportuno e, al rifiuto di essere adorato, risponderà con l’uccisione di Gesù stesso a Gerusalemme, la città che uccide i profeti. Quella morte, però, sarà la nostra vita: ricordiamocelo, quando nella nostra quotidianità sembrerà che il male abbia la meglio; fidandoci di Dio, crediamo alla Sua Parola e affrontiamo con fiducia e spirito di sacrificio ogni prova. (cfr Padre Pennacchini ofm e G. Ravasi)



Commento patristico
Dal Discorso 58,9.8 di sant’Agostino:
"Se non temi il peccato, temi dove esso conduce. Alla morte gli uomini lasceranno quaggiù ciò per cui peccano, ma porteranno con loro i propri peccati. Se pecchi a causa del denaro, dovrai lasciarlo quaggiù; se pecchi a causa della proprietà dovrai lasciarla quaggiù; se pecchi a causa di una donna, dovrai lasciarla quaggiù; tutto ciò per cui pecchi lo dovrai lasciare quaggiù quando chiuderai gli occhi per morire; ma il peccato che commetterai te lo porterai con te. Siano rimessi i peccati: siano rimessi quelli passati, non se ne commettano più per l’avvenire. Quaggiù però non si può vivere senza di essi, non fossero che piccoli o veniali o leggeri. Ma non si devono trascurare neppure quelli leggeri o veniali. Sono le piccole gocce che formano i fiumi. L’acqua penetra a gocce attraverso strette fessure della nave, e la parte più bassa si riempie; se non verrà controllata, la nave affonderà. Ma i marinai non restano in ozio e le loro mani svuotano l’acqua dalla nave. Così anche le tue mani siano in movimento. Che vuol dire questo? Vuol dire: Fa le opere buone, le tue mani siano attive”.



Commento francescano
Ringraziamo il Padre delle Misericordie che ha ispirato al nostro santo padre Francesco le “Lodi di Dio” a favore di un compagno afflitto da una grande tentazione e pregandola insieme comprendiamo come superare le tentazioni che, poi, ci fanno ripiegare su noi stessi. Ascoltiamola e meditiamola:
Tu sei santo, Signore solo Dio , che compi meraviglie.
Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei Altissimo,
Tu sei onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra.
Tu sei trino e uno, Signore Dio degli dei,
Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, Signore Dio vivo e vero.
Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza,
Tu sei umiltà, Tu sei pazienza,
Tu sei Bellezza, Tu sei sicurezza, Tu sei quiete.
Tu sei gaudio e letizia, Tu sei la nostra speranza,
Tu sei giustizia e temperanza,
Tu sei tutto, ricchezza nostra a sufficienza.
Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine.
Tu sei protettore, Tu sei custode e difensore,
Tu sei fortezza, Tu sei rifugio.
Tu sei la nostra speranza, tu sei la nostra fede,
Tu sei la nostra carità, Tu sei tutta la nostra dolcezza,
Tu sei la nostra vita eterna,
grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.



Orazione finale
O Dio, fonte di serenità, conduci l’uomo a riconoscerti nei tuoi precetti per donar senso ad essi e renderli operanti nelle azioni di ogni giorno. Amen.

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