testa_news

NEWSLETTER n° 62 - 7 dicembre 2018

  • LA SPARTIZIONE DEL POTERE. Lo sfondo del presepe non è un cielo trapuntato di stelle (Antonio Piccolo)
  • LECTIO DIVINA - 8 Dicembre 2018 - Immacolata Concezione della B. V. Maria / C
  • LECTIO DIVINA - 9 Dicembre 2018 - II Domenica di Avvento / C

La spartizione del potere

LO SFONDO DEL PRESEPE NON E' UN CIELO TRAPUNTATO DI STELLE
cielo stellato
Perfino Cristo, in questi giorni, viene usato come strumento di divisione. È la profanazione delle cose sacre, vuol dire “nominare il nome di Dio invano”, cioè usare il suo nome non per dare gloria a lui, ma per servircene noi.
Viviamo, del resto, un tempo di ipocrisia e di perenne conflitto. È il tempo della divisione. Viviamo in un’epoca di polarizzazioni, dove la discussione deve assumere necessariamente toni offensivi, violenti, maleducati. Ogni argomento, evento, situazione, diventa, soprattutto sui social, l’occasione per vomitare la propria rabbia. Viviamo in un tempo di persone arrabbiate, frustrate e soprattutto stanche.
E ha ragione chi dice che in realtà è sempre stato così. Ce lo dice anche questo testo del Vangelo di Luca, il quale da storico pignolo ci presenta la spartizione del potere del suo tempo.
Luca ci dice che persino il potere religioso è diviso, la frammentazione è arrivata persino nei luoghi del sacro! Luca sa, infatti, che solo Anna è il vero sommo sacerdote in carica, eppure parla di Anna e Caifa, perché sa bene che, nonostante Caifa non sia più sommo sacerdote, continua ad esercitare una forte influenza. Il Sommo sacerdote è uno, ma qui viene presentato come doppio. È il potere religioso stesso ad essere diventato ambiguo.
In questo contesto di divisione e di conflitto, Luca dice però che la Parola di Dio arriva. E dunque, se quel tempo descritto da Luca è simile al nostro tempo e a tanti altri momenti della storia, vuol dire allora che in ogni momento, anche in quelli più bui, Dio continua a far sentire la sua voce.
Giovanni Battista, come ricorda anche sant’Agostino, è infatti la voce che permette alla Parola di Dio di parlare.
Giovanni porta quella parola non nei luoghi del potere, non a Gerusalemme, né nei palazzi né nel Tempio, ma cerca luoghi deserti. Chi desidera ascoltare deve liberarsi dalle parole umane. Giovanni ci chiede di uscire dal frastuono della quotidianità: per ascoltare Dio c’è bisogno di un gesto di rottura.
Giovanni invita a preparare la strada, una strada che non dobbiamo percorrere noi. Si tratta di un movimento nuovo rispetto a quello che Israele ha vissuto nel deserto. Ora è Dio che viene verso l’uomo. Egli è adventus, Colui che è venuto verso noi. Si tratta di preparare la strada dentro di noi, affinché Dio possa raggiungere il nostro cuore! La nostra vocazione è lasciarci raggiungere.
Siamo chiamati a riempire i burroni della disperazione e dello sconforto, perché a volte è proprio quella la distanza che mettiamo tra noi e Dio.
Forse è il caso di abbassare le montagne dell’orgoglio e della superbia, perché a volte è proprio quello che ci impedisce di vedere Dio che viene verso di noi.
Può essere opportuno abbandonare i pensieri tortuosi, quelli dentro i quali ci aggrovigliamo, ci struggiamo, quelli su cui rimuginiamo, perché è proprio quello che complica l’incontro con Dio.
Proviamo a guardare bene i sentieri che ci sembrano impossibili, perché forse è proprio da lì che Dio ha scelto di passare.

(Estratto da Gaetano Piccolo, Meditazione per la II Domenica di Avvento)

LECTIO DIVINA

8 Dicembre 2018 - Immacolata Concezione della B. V. Maria / C

maria immacolata
Gn 3,9-15.20; Sal 97; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38


Miryam (םמרי) è, nella lingua ebraica, la “signora” o "principessa” il cui nome è racchiuso fra due mem, la “emme” ebraica, che ha la forma dell’utero materno. La mem iniziale (מ) presenta un piccolo pertugio, una fessura aperta all’accoglienza del seme che la feconda, simbolo di un’anima costantemente in ascolto della voce dello Spirito; quella finale (ם) ha la forma di un quadrato chiuso, simbolo di pienezza ma anche di mistero. In Maria l’ascolto profondo della Parola di Dio, la partecipazione in prima persona al progetto di salvezza del suo Signore, convive con l’accettazione di ciò che, dei Suoi disegni, rimane spesso per noi incomprensibile. Maria sa che quel Dio d’amore che l’ha concepita in-maculāta, senza macchie, è “altro” da lei: alla luce del Suo sguardo, custodita dalla Sua ombra, Miryam rimane senza vergogna nella sua nudità, umile nel senso letterale del termine, come humus, terra plasmata dalle mani dell’Onnipotente e da Lui infinitamente amata.

Testo e commento alle Letture

Dal Libro della Genesi (3,9-15.20)

[Dopo che l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero,] il Signore Dio chiamò l'uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?». Rispose l'uomo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». L'uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi.

Adamo ed Eva si sono maculāti, macchiati, cedendo alla tentazione di essere come Dio, di penetrare il mistero della Vita al pari di Colui che l’ha creata: per questo cercano di mimetizzarsi, di nascondersi da un Padre che considerano, ormai, un nemico, un predatore.
L’accesso alla conoscenza divina, promessa dal tentatore, ha precluso loro la via al secondo albero, collocato nel mezzo dell’Eden: l’Albero della Vita (Gen 2,9). E il serpente insidia proprio Eva, Hawwah, la “vita”, la madre di tutti i viventi.
L'amicizia con Dio si è lacerata: l’uomo e la donna provano ora vergogna per la propria nudità, per il proprio limite di creature. L'uomo che si sente Dio s'incammina su una strada di “morte” spirituale, morale, psichica, materiale, anziché moltiplicare i doni da Lui ricevuti.
Il Signore, però, non maledice nè la donna nè l'uomo: maledice e condanna il male stesso a strisciare bocconi sul proprio ventre mentre, nella sua misericordia, prepara un rimedio, il grembo di un’anonima fanciulla palestinese, promessa sposa di un giovane di nome Giuseppe, che darà alla luce Yeshu’a, il “Dio che salva”.

Dalla Lettera agli Efesini di san Paolo apostolo (1,3-6.11-12)

Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto. In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà, perché noi fossimo a lode della sua gloria, noi, che per primi abbiamo sperato in Cristo.

Nel sacramento del Battesimo torniamo ad essere senza macchia: nell’istante in cui siamo idealmente immersi nell’acqua e il sacerdote pronuncia le parole della formula di rito, veniamo, come Maria, fecondati dallo Spirito Santo perché si imprima in noi il volto del Figlio di Dio, perché si incarni in noi la Parola del Signore. Diveniamo così anche noi eredi (v. 11) di un amore divino, capace di convertire il nostro male più grande, quello dell’autosufficienza, dell’indipendenza dalla Sua volontà, in fiducia, in amicizia, in canto di lode. L’eredità più grande che Dio ci lascia è il Figlio stesso, che di nuovo s’incarna nel sacramento dell’Eucaristia, come ricorda san Francesco nell’Ammonizione I rivolta ai suoi frati: “Ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote” (FF 144).

Testo e commento al Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca (1,26-38)

Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.

Davanti a Myriam si apre il cielo: nel corso di una giornata qualunque la “forza di Dio” (questo il significato di Gabhrī'ēl) irrompe nella sua vita e le domanda di collaborare all’opera di salvezza dell’umanità. Siamo “nel sesto mese”, un richiamo al sesto giorno della Creazione (Gen 1, 26-31) in cui Dio creò l’uomo a Sua immagine, “maschio e femmina li creò” (Gen 1, 27). Con Maria inizia, dunque, una nuova creazione, nasce l’”uomo nuovo” capace di salvare quello vecchio dalla tentazione sempre in atto di voltare le spalle al Padre che lo ha creato.
Tornando alla composizione in lettere ebraiche del nome Myriam, la resh centrale (la “erre”) è la lettera della redenzione, della speranza nella conversione e nella salvezza dell’uomo malvagio. Il Signore sceglie per questo di farsi uomo, non di intervenire magicamente dal cielo né di nascere o apparire in maniera favolosa, come accadeva nei miti dell’antichità: sceglie di farsi volto, occhi, mani, piedi, cuore, intelligenza come un bambino qualsiasi, lasciandosi tessere nell’utero di una donna.
Maria accoglie con fede e con esultanza questo messaggio partito dal cielo, senza però rinunciare ad un sapiente realismo: “Come è possibile? Non conosco uomo” (v. 34). Nemmeno lei può comprendere come possa avvenire un tale prodigio, ma alla risposta dell’Angelo ella si apre completamente all’azione dello Spirito Santo.

Commento patristico

Leggiamo dai Discorsi di Sant'Anselmo, vescovo:
"Erano tutte come morte le cose, poiché avevano perduto la dignità originale alla quale erano state destinate. Loro fine era di servire al dominio o alle necessità delle creature cui spetta di elevare la lode a Dio. Erano schiacciate dall'oppressione e avevano perso vivezza per l'abuso di coloro che s'erano fatti servi degli idoli. Ma agli idoli non erano destinate. Ora invece, quasi risuscitate, si rallegrano di essere rette dal dominio e abbellire dall'uso degli uomini che lodano Dio. Hanno esultato come di una nuova e inestimabile grazia sentendo che Dio stesso, lo stesso loro Creatore non solo invisibilmente le regge dall'alto, ma anche, presente visibilmente tra di loro, le santifica servendosi di esse. Questi beni così grandi sono venuti frutto benedetto del grembo benedetto di Maria benedetta. Dio creò ogni creatura, e Maria generò Dio.
Dio dunque è il padre delle cose create, Maria la madre delle cose ricreate. Dio è padre della fondazione del mondo, Maria la madre della sua riparazione, poiché Dio ha generato colui per mezzo del quale tutto è stato fatto, e Maria ha partorito colui per opera del quale tutte le cose sono state salvate. Dio ha generato colui senza del quale niente assolutamente è, e Maria ha partorito colui senza del quale niente è bene”.

Commento francescano

Come Maria, la Madre di Gesù che Francesco “circondava di un amore indicibile” “perché aveva reso nostro fratello il Signore della maestà” (Vita Seconda, 198; FF 786) e la cui figura accostò alle Sorelle povere definendole “sposate allo Spirito Santo” (Forma di vita, FF 139), il Santo di Assisi aprì la sua anima all’azione dello Spirito con disponibilità tale che i segni della Passione di Cristo rimasero impressi sul suo corpo. Come Maria fu la prima ed unica creatura ad essere concepita senza peccato, così Francesco ebbe il privilegio di essere il primo santo stimmatizzato della storia di cui la Chiesa sia venuta a conoscenza (cfr. Lauda 40, Iacopone da Todi, FF 2031). Maria fu visitata dall’arcangelo Gabriele, la “forza di Dio”; Francesco ricevette le stimmate appartato sul Monte della Verna, mentre digiunava per la quaresima in onore dell’arcangelo Michele, Mikha'el, il cui nome significa “chi è come Dio?”: “nessuno” è la risposta sottointesa. La Legenda maior narra che Francesco sulla Verna “si elevava a quelle altezze [celesti] non come un importuno scrutatore della maestà, che viene oppresso dalla gloria, ma come un servo fedele e prudente, teso alla ricerca del volere di Dio, a cui bramava con sommo ardore di conformarsi in tutto e per tutto” (FF 1223).
Anche Francesco, e parecchi secoli dopo Padre Pio, nonostante l’evidenza dei segni impressi nei loro corpi, non poterono comprendere il mistero che li aveva visitati: per questo, probabilmente, due delle sei ali del Serafino che comparve al Santo di Assisi “velavano tutto il corpo” (FF 1225) della creatura celeste, ad indicare che i piani di Dio si rivelano, si realizzano nella nostra vita, ma saranno da noi compresi del tutto solo quando, come gli arcangeli, potremo vedere il Padre faccia a faccia.

Orazione finale

“Temete il Signore e rendetegli onore.
Il Signore è degno di ricevere la lode e l’onore.
Voi tutti che temete il Signore, lodatelo.
Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te”. Amen

(da Scritti di Francesco d’Assisi, “Laudi e preghiere”: Esortazione alla lode di Dio, FF 265a)


LECTIO DIVINA

9 Dicembre 2018 - II Domenica di Avvento / C
s. giovanni battista
Bar 5,1-9; Sal 125/126, 1-6; Fili 1,4-6. 8-11; Lc 3,1-6



Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni,di colmare le valli livellando il terreno (Bar 5,7). Ogni burrone sarà riempito,ogni monte e ogni colle sarà abbassato (Lu 3,5). Un luogo senza montagne né valli, dove tutto è spianato. Di che luogo si tratta? Il vangelo ci aiuta a capire che si parla del deserto, che però non ci viene raccontato come luogo di lutto temporaneo, ma come condizione stabile di salvezza.

Testo e commento alle letture

Dal libro del Profeta Baruc (5, 1-9)

Così Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione,rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio, metti sul tuo capo il diadema di gloria dell’Eterno, perché Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo. Sarai chiamata da Dio per sempre:«Pace di giustizia» e «Gloria di pietà». Sorgi, o Gerusalemme, sta’ in piedi sull’altura e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti,dal tramonto del sole fino al suo sorgere,alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio. Si sono allontanati da te a piedi,incalzati dai nemici;ora Dio te li riconduce in trionfo, come sopra un trono regale. Poiché Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni,di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio. Anche le selve e ogni albero odoroso hanno fatto ombra a Israele per comando di Dio. Perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui.

Il popolo è in esilio, si è allontanato da Dio, ora si sente prigioniero. Questa è la condizione che ogni uomo si trova prima o poi a vivere. Sarà Dio a salvalo. Tutte le azioni, infatti, sono compiute da Lui (Dio mostrerà; sarai chiamata da Dio; Dio te li riconduce; Dio ha deciso di spianare; Dio ricondurrà). L’unica lotta che l’uomo può e deve condurre è quella contro sé stesso, contro tutto ciò che lo abita, tenendolo lontano da Dio. Sono dentro, i nemici che ci tengono in esilio. E’ con il discernimento che possiamo imparare a riconoscerli.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi (1,4-6. 8-11)

Sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente. Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. Infatti Dio mi è testimone del vivo desiderio che nutro per tutti voi nell’amore di Cristo Gesù. E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.

Dio ha iniziato e Dio porterà a compimento. Che ruolo abbiamo noi allora? Vigilare e discernere affinché possiamo allontanare ciò che si separa dal Padre e così crescere nell’ amore.

Testo e commento al Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca (3,1-6)

Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell'Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:Voce di uno che grida nel deserto:Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito,ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!


Giovanni, mentre è nel deserto, riceve la parola di Dio, diventa un uomo nuovo e inizia a realizzare la propria vita, ossia la missione datagli dal Padre. Giovanni dice di prepararci all’incontro col Signore, ci chiede conversione, perché solo se puliamo gli occhi possiamo vedere qualcosa di Dio. Per lavare gli occhi dalle incrostazioni delle nostre durezze interiori, ci vuole un cuore sinceramente dispiaciuto di aver offeso Dio con parole, pensieri e azioni. Si capisce allora perché Giovanni ci annuncia la prossimità di un deserto (Ogni burrone sarà riempito,ogni monte e ogni colle sarà abbassato), ci invita a prendere coscienza del nostro deserto e a viverlo (Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!).
Nel deserto l’uomo è solo. Chi lo vede? Chi deve compiacere? Cosa ha bisogno di difendere di se stesso, se nessuno lo guarda? Nel deserto l’uomo non sa dove andare, può andare in qualsiasi direzione ma tutte le direzioni sono uguali. Che fare? Camminare? Fermarsi? Che senso dare all’oggi? Ci sono tanti deserti: le malattie, le relazioni umane, la morte, la perdita di una persona cara. Qualsiasi condizione che supera le nostre capacità umane è deserto. Qui abbiamo due possibilità: stare con la nostra volontà e vivere un inferno, oppure stare con Dio e vedere come fa fiorire il deserto.
E’ proprio nella difficoltà che sperimentiamo e ci ricordiamo che non possiamo salvarci da soli. Possiamo solo aspettare Dio e lasciar fare a Lui. Nel deserto sentiamo crescere il nostro bisogno di Lui, il nostro desiderio di Lui. Il dispiacere di averlo dimenticato, di non averlo fatto partecipare alla nostra vita. Nel deserto Gesù ci è già entrato ed ha vinto. Là aspetta noi. Aspetta di incontrare noi. Il deserto è luogo doloroso e prezioso insieme. E’ il luogo della rivelazione.

Commento Francescano

San Francesco, parlando del Padre celeste e del Verbo del Padre dice:
E vuole che tutti siano salvi per mezzo di lui e che lo riceviamo con cuore puro e con il nostro corpo casto. Ma pochi sono coloro che lo vogliono ricevere ed essere salvati per mezzo di lui, sebbene il suo giogo sia soave e il suo peso leggero.
Non lo riceviamo ogni volta che neghiamo e rifiutiamo il nostro deserto. Non cediamo alla tentazione di fuggire, rimaniamo piuttosto. E se non ne abbiamo la forza, come spesso accade, allora chiediamola a Dio (Lettera ai fedeli, II: FF 184-185 ).

Commento patristico

Giovanni è voce. Del Signore invece si dice: “In principio era il Verbo” (Gv 1,1). Giovanni è la voce che passa, Cristo è il Verbo eterno che era in principio. Se alla voce togli la parola, che cosa resta? Un vago suono. La voce senza parola colpisce bensì l’udito, ma non edifica il cuore (Sant’Agostino, Discorso 293, 3: PL 38, 1328).

Senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il vangelo è lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità una dominazione, la missione una propaganda, il culto un’evocazione, l’agire cristiano una morale da schiavi. Ma in lui... il cosmo è sollevato e geme nel parto del Regno; l’uomo lotta contro la carne; Gesù Cristo Signore risorto è presente; il vangelo è potenza di vita; la Chiesa è segno di comunione trinitaria; l’autorità è servizio liberatore; la missione è una Pentecoste; la liturgia è memoriale e anticipazione; l’agire umano è deificato (Commento di un patriarca ortodosso, IV Assemblea mondiale delle Chiese,Uppsala 1968, Discorso di Ignatios Hazim metropolita di Lattaquié-Laodicea del patriarcato ortodosso greco di Antiochia).

Orazione finale

Io sono fragile nelle tue mani potenti, ma le tue mani sono pietose, sono pietose anche quando ci opprimono. Le tue mani sorreggono e sostengono, le tue mani puniscono e vivificano. Io abbandonerò ad esse la vita mia, il dono che tu mi hai fatto io ti confiderò. Dove niente si perde, perderò l’essere mio, in te, Signore, mio principio e mia fine. Amen.
(San Paolo VI)

clicca il logo per entrare nel sito
LOGO_DR_TRASP_150
MailPoet