testa_news

NEWSLETTER n° 48 - 14 giugno 2018

  • FRANCESCO E CHIARA - Felice Accrocca
  • LECTIO DIVINA - 17 Giugno 2018 - XI Domenica T.O. /B

FRANCESCO E CHIARA

Felice Accrocca
download
Francesco «era un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso» (FRANCESCO, Laudato si', 10); lo stesso può dirsi di Chiara che fu «umile, accesa nello amore de Dio, nella orazione e contemplazione continua, nella asperità del cibo e del vestire allegra, e nelli degiuni e vigilie maravigliosa» (Proc XI, 5: FF 3084).

Sì, Francesco e Chiara, i due santi di Assisi, erano persone riconciliate, capaci perciò di trasmettere pace. Entrambi hanno lottato contro lo «spirito della carne» - che «vuole e si preoccupa molto di possedere parole, ma poco di attuarle, e cerca non la religiosità e la santità interiore dello spirito, ma vuole e desidera una religiosità e una santità che appaia al di fuori agli uomini» - e sono stati abitati dallo «Spirito del Signore», che «vuole che la carne sia mortificata e disprezzata, vile e abietta e obbrobriosa, e ricerca l'umiltà e la pazienza, la pura semplicità e la vera pace dello spirito, e sempre desidera sopra ogni cosa il divino timore e la divina sapienza e il divino amore del Padre e del Figlio e dello Spirito santo» (Rnb XVII, 11-12.14-16: FF 48). Sgorgati entrambi dalla stessa sorgente, il Vangelo di Cristo, hanno dato vita a Ordini religiosi chiamati a fare sinodo, cioè a camminare insieme sulle vie del Signore.

LECTIO DIVINA

17 Giugno 2018 - XI Domenica T.O. / B
SEMINATORE
La liturgia di questa domenica ci mette davanti all'evoluzione del Regno di Dio, che è già una realtà concreta ma per farsi comprendere ha bisogno di sparire: come il seme che viene gettato nel terreno (Mc 4, 26), deve "rendersi invisibile" per radicarsi, trasformarsi e poi, solo dopo, germogliare. Siamo nella cultura del tutto e subito, della concezione che basta un clic per trovare una soluzione o una notizia. Per questo oggi la Parola di Gesù è attuale e ci dice che per capire qualcosa del Regno, dobbiamo entrare nella sua azione dinamica, nel costante divenire della storia, continuamente in trasformazione, mai uguale al passato e destinato a non rimanere tale nel futuro.

Testo e Commento alle letture

Dal libro del profeta Ezechiele (Ez 17, 22-24)
Così dice il Signore Dio: «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte alto d'Israele.
Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all'ombra dei suoi rami riposerà.
Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l'albero alto e innalzo l'albero basso, faccio seccare l'albero verde e germogliare l'albero secco.
Io, il Signore, ho parlato e lo farò».

Ezechiele svolge la sua missione proprio durante l'esilio babilonese e il suo compito è di rincuorare il suo popolo e di far capire che il castigo di Dio non segna la fine della relazione tra Dio e il suo popolo, ma svolge un'azione pedagogica: educare al senso di responsabilità e porre le basi per un amore ancora più grande.
Il profeta paragona la storia del suo popolo a un grande cedro nato e cresciuto per iniziativa di Dio. L'albero è divenuto infruttuoso a causa dell'infedeltà del popolo, perciò la sua punta è recisa e trapiantata in un altro terreno. Dio stesso prende un ramoscello dall'albero-Israele, per piantarlo di nuovo sul monte Sion, dove diventerà un albero rigoglioso.
Viene spontaneo, leggendo il v. 24, pensare alle parole di Maria Vergine nel Magnificat: "Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili" (cfr Lc 1, 52). Ci presentano un Dio che vuole anche oggi un futuro, una dignità, per ogni persona anche piccola, per ogni popolo povero e oppresso; un Dio Padre che si prende cura della sua creatura.

Dalla seconda lettera di San Paolo apostoli ai Coronzi (2Cor 5, 6-10)
Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo - camminiamo infatti nella fede e non nella visione –, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.

La prospettiva cristiana sulla vita e sulla morte influisce sul nostro vivere il quotidiano. La rivelazione della Risurrezione di Gesù, permetteva a Paolo di avere un atteggiamento positivo verso le avversità presenti nella vita delle sue comunità, insegnando loro che nonostante tutto, si poteva dire: « Siamo sempre pieni di fiducia » (v.6. 8).
Di fronte alla morte Paolo era sereno, anzi, se ne rallegrava, perché la dipartita da questo mondo non significa per lui altro che andare ad « abitare presso il Signore » (8) come chi può finalmente tornarsene a casa con i suoi cari.
Che significa, però, essere « in esilio lontano dal Signore »? Per evitare equivoci Paolo aggiunge: « camminiamo infatti per fede e non per visione » (v.7). « Camminare » è il percorso della vita cristiana, « il luogo » di questo cammino è la fede. In esso, infatti, ancora non vediamo chiaramente, non abbiamo che le primizie di che cosa ci è stato promesso. Le "contraddizioni ed incertezze" della vita cristiana non ci dissuadono dal procedere perché guardiamo non tanto al presente, quanto all'obiettivo finale. « … Camminiamo infatti per fede e non per visione ». Un giorno saremo riuniti a Colui che ci ama e che noi amiamo. La morte fisica ci proietterà direttamente nella dimensione della presenza immediata del Signore, per questo Paolo può dire: « Infatti per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno » (Fl 1,21).
Paolo sa che deve compiacere Cristo perché la prospettiva è di comparire davanti al giudizio di Dio: « Noi tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo » (v10). Anche in questo caso non si tratta di «salvezza per opere», ma del fatto che l’impegno e la qualità dell’opera del cristiano sarà vagliata dal suo Signore e giudicata dall'amore con cui lo compie.

Testo e Commento al Vangelo

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 4, 26-34)

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

I Vangeli sinottici ci hanno trasmesso le parabole come l'elemento forse più caratteristico dell'insegnamento di Gesù che, dalla concretezza della vita quotidiana della sua terra natia, ha preso lo spunto per comunicare sublimi verità. La prima parabola di oggi, prende le mosse da "un uomo che getta il seme sul terreno"(v.26); affidato il seme alla terra egli se ne va, il suo compito è compiuto e non rimane che attendere con serena fiducia. Il seminatore partecipa all'inizio con la semina e alla fine con il raccolto. Tutto ciò che sta in mezzo a questi due momenti avviene senza il suo operato: "dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come egli stesso non lo sa". (v.27)
E' una parola semplice e meravigliosa che rende bene l'attonito sgomento dell'uomo di fronte a questo aspetto del mistero. Lui non sa, ma sa Dio che lavora attraverso i suoi elementi. Il segreto sta nella terra. Se ci capita di passeggiare in un giardino alla sera vediamo dei boccioli, ma il giorno dopo li vediamo aperti in fiore. Senza alcun intervento esterno. Qui affonda la radice della grande fiducia di chi crede. Nonostante le nostre resistenze e distrazioni, nel mondo e nel cuore di ognuno di noi, il seme di Dio germoglia e fiorisce nella nostra vita quotidiana. C’è una spinta automatica della crescita (del Regno) che è imperscrutabile, esce fuori dal nostro controllo umano, così non ci è dato di stabilire quali siano i confini del regno perché in ogni dove, in un tempo che non conosciamo, spunterà un germoglio che darà il suo frutto, là dove non pensavamo e la nostra fantasia non era ancora giunta. Non illudiamoci per terreni che sembrano rigogliosi, né rammarichiamoci per quelli aridi, piuttosto ci viene chiesto vigilanza e attesa per i tempi di Dio che non sono i nostri, per i luoghi della storia che non sono i nostri, per l’animo di ogni uomo chiamato, quando non sappiamo, a partecipare alla bella avventura del Regno. Riconoscere il Regno significa diventare discepoli di un Dio che abolisce i confini, le definizioni, la cittadinanza o la nazionalità per costituire un'umanità nuova da cui nessuno può essere escluso. Poi la falce sarà mandata, quando tutto sarà compiuto, allora e solo allora potremo riconoscere il frutto maturo pronto per la mietitura. Il contadino che riprende l'attività e mette mano alla falce richiama l'intervento di Dio alla fine dei tempi. Quando tutto sembrava lasciato a se stesso, ecco la nuova opera. E' un modo nuovo di vedere e di vivere la realtà.
La tentazione più sottile e perniciosa è quella della fretta, dell'ansia e dell'intolleranza del più piccolo; ed è qui che Gesù paragona il Regno al granello di senape, il più piccolo... che diventa grande a tal punto da far spazio ad altri, "gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra"(v.32). Nell'attuazione del Regno non occorrono colpi di scena, nè inquietudine, perchè la crescita è affidata a una forza segreta e infallibile, all'azione dello Spirito Santo. Non rimane che attendere con fiducia. La crescita spirituale di ognuno di noi suppone l'azione invisibile e costante di Dio. Si tratta di un'opera soprannaturale che non si compie nel tumulto e nell'agitazione. Il saper star tranquilli nell'apparente inattività è in realtà la cosa più importante che l'uomo può fare, perchè esprime la sua fiducia nell'intervento di Dio, che è forza di amore. La parabola ci invita alla pazienza, a lasciare perdere l'ansia, la fobia di tenere tutto sotto controllo, il voler programmare e capire tutto anche nella nostra vita spirituale. E' qui il significato più vero della crescita spirituale e interiore di ogni cristiano che prende sul serio la fede in Cristo e vive di fede, immerso in un cammino di perfezione nell'amore, che giunto al termine del suo sviluppo, diventato albero, costituisce un esempio per gli altri, un sostegno, una protezione, un punto di riferimento, un refrigerio, dalle fatiche della vita quotidiana.

Commento Patristico

"L`uomo sparge il seme, quando concepisce nel cuore una buona intenzione. Il seme germoglia e cresce, e lui non lo sa, perché́ finché non è tempo di mietere il bene concepito continua a crescere. La terra fruttifica da sé, perché́ attraverso la grazia preveniente, la mente dell`uomo spontaneamente va verso il frutto dell`opera buona. La terra va a gradi: erba, spiga, frumento.
Produrre l`erba significa aver la debolezza degli inizi del bene. L`erba fa la spiga, quando la virtù̀ avanza nel bene. Il frumento riempie la spiga, quando la virtù̀ giunge alla robustezza e perfezione dell`opera buona. Ma, quando il frutto è maturo, arriva la falce, perché́ è tempo di mietere. Infatti, Dio Onnipotente, fatto il frutto, manda la falce e miete la messe, perché́ quando ha condotto ciascuno di noi alla perfezione dell`opera, ne tronca la vita temporale, per portare il suo grano nei granai del cielo.
Sicché́, quando concepiamo un buon desiderio, gettiamo il seme; quando cominciamo a far bene, siamo erba, quando l`opera buona avanza, siamo spiga e quando ci consolidiamo nella perfezione, siamo grano pieno nella spiga...
Non si disprezzi, dunque, nessuno che mostri di essere ancora nella fase di debolezza dell`erba, perché́ ogni frumento di Dio comincia dall`erba, ma poi diventa grano!"
(Gregorio Magno, In Exod., II, 3, 5 s.)

Commento francescano

Nel XXIII capitolo della regola non bollata Francesco ammoniva così i suoi frati: " Ora invece, da che abbiamo abbandonato il mondo, non abbiamo da fare altro che seguire la volontà̀ del Signore e piacere unicamente a Lui. Guardiamoci bene dall'essere la terra lungo la strada, o la terra sassosa, o quella invasa dalle spine secondo quanto dice il Signore nel Vangelo: «Il seme è la parola di Dio... il seme affidato alla terra buona, sono coloro che, ascoltando la parola con buone, anzi ottime disposizioni, la intendono e la custodiscono e portano frutti con la perseveranza»... E guardiamoci bene dalla malizia e dall'astuzia di Satana, il quale vuole che l'uomo non abbia la sua mente e il cuore rivolti a Dio; e, circuendo il cuore dell'uomo con il pretesto di una ricompensa o di un aiuto, mira a togliere e a soffocare la parola e i precetti del Signore dalla memoria, e vuole accecare il cuore dell'uomo, attraverso gli affari e le preoccupazioni di questo mondo... (FF 58-59).

Orazione finale

O Padre, che a piene mani semini nel nostro cuore il seme della verità e della grazia, fa’ che lo accogliamo con umile fiducia e lo coltiviamo con pazienza evangelica, ben sapendo che c'è più amore e giustizia ogni volta che la Tua Parola fruttifica nella nostra vita. Amen.
clicca il logo per entrare nel sito
LOGO_DR_TRASP_150
MailPoet