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NEWSLETTER n° 38 - 3 aprile 2018

  • LECTIO DIVINA - 8 Aprile 2018 - Domenica in Albis / B
  • LECTIO DIVINA - 9 Aprile 2018 - Annunciazione del Signore / B

Non abbiate paura, è risorto!

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L'esperienza di Cristo risorto cambi tutto il modo di stare nel mondo.

"Non abbiate paura. E' risorto", sono parole che vogliono raggiungere le nostre convinzioni e certezze più profonde, i nostri modi di giudicare e di affrontare gli avvenimenti quotidiani; specialmente il nostro modo di relazionarci con gli altri. La tomba vuota vuole sfidare, smuovere, interrogare, ma soprattutto vuole incoraggiarci a credere e ad aver fiducia che Dio "avviene" in qualsiasi situazione, in qualsiasi persona, e che la sua luce può arrivare negli angoli più imprevedibili e più chiusi dell'esistenza (Papa Francesco).

Questo è il nostro augurio perché possiate conservare nel cuore e nella vita i frutti della Pasqua. Vi accompagniamo con la nostra preghiera.

Le Sorelle Clarisse di Farnese

LECTIO DIVINA

8 Aprile 2018 - Domenica in albis
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At 4,32-35; Sal 117; 1 Gv 5,1-6; Gv 20,19-31

Non è un credulone, Tommaso: come noi, razionali e poco inclini a credere “sulla parola”, vuole toccare con mano tutto, anche Dio. La testimonianza di altri, fossero anche gli amici più fidati, non basta; “Se non vedo…e non metto il mio dito…io non credo” (Gv 20, 25): Tommaso vuole mettere le sue mani sul Mistero, vuole essere sicuro che il Figlio di Dio morto in croce sia tornato dal Regno dei morti per annunciare che la Vita ha trionfato. Il Risorto che, riconosciuto otto giorni prima da Maria Maddalena aveva detto: “Non mi toccare” (Gv 20, 17), asseconda invece il desiderio di quest’uomo dubbioso che cerca una risposta, che - anche se “otto giorni dopo” (Gv 20, 26), in ritardo sui suoi compagni - non manca all’appuntamento.

Commento alle letture

La fede cristiana non è intimistica: si nutre, fin dai primi giorni successivi alla Risurrezione di Cristo, di vita comune, come dimostrano i Dodici che, seppur spaventati dopo gli eventi della Passione, si ritrovano comunque insieme (Gv 20, 19).
I primi cristiani descritti negli Atti condividono beni e talenti, mettono in gioco se stessi, la loro libertà, il loro spazio vitale per rendere visibile l’amore di Dio già sulla terra. Non è un sogno ad occhi aperti e non è nemmeno facile: per questo i progetti, la nostra vita, con i suoi successi e conflitti, gli alti e i bassi nelle relazioni, vanno messi nelle ferite del corpo del Risorto, nell’acqua purificante del Battesimo e nel suo sangue, l’Eucaristia, cibo di vita e d’amore.

I comandi che Dio aveva inciso sulla pietra cinquemila anni fa, sono scritti ora nel cuore dei suoi figli: con Cristo, Parola di Dio fatta uomo, sono divenuti vita.
Non ci piace la parola “comandamento”: urta la nostra libertà, la nostra indipendenza da qualunque tipo di autorità. Se rileggiamo i Dieci comandamentipensando che sono stati scritti per la nostra felicità e che sono già incisi nella parte più vera e più profonda di noi, da “doveri” antiquati per cattolici osservanti, diventano la via maestra per essere veri uomini e vere donne, capaci di amore, di rispetto, di fedeltà. Il Creatore sa che valiamo più dei nostri istinti e bisogni, la cui soddisfazione immediata e spesso spasmodica ci preclude la strada verso la piena felicità personale e comunitaria.

Commento al Vangelo

Cristo appare dentro il nostro buio: quando siamo chiusi a chiave nella paura, quando tutto sembra finito, il Figlio di Dio appare da dentro, ferito come noi eppure vivo e vicino. Dentro le sue piaghe possiamo affondare i nostri dubbi (dal sanscrito dvacioè “due”), come Tommaso, detto Didimo che significa “gemello”, “doppio”: doppio perché oscilla tra una fede impetuosa e l’incredulità, fra il desiderio di abbandonarsi a Dio senza condizioni e la pretesa “scientifica” di provare che Cristo crocifisso è vivo.
Dentro le ferite del Risorto Tommaso compie il passaggio da uomo “doppio”, frammentato, a “gemello” di Cristo (cfr. Atti di Tommaso, apocrifo del III secolo), somigliante al suo Signore e suo Dio (Gv 20, 28). È il cammino di tutti i battezzati che nei primi secoli, ricevuto il Sacramento nella notte di Pasqua, otto giorni dopo deponevano la veste bianca - da qui l’uso di chiamare questa domenica in Albis (vestibus) depositis, cioè “deposte le vesti bianche” - simbolo della luce di Cristo di cui il Battesimo ci riveste.
Lo Spirito che Gesù ha soffiato sugli Apostoli otto giorni prima, raggiunge anche Tommaso e, percorrendo i secoli, raggiunge anche noi e agisce laddove siamo disposti a cedere, a togliere maschere, condizionamenti culturali, laddove siamo realmente nudi e quindi vulnerabili: lì si scatenano in noi forze interiori inaspettate. Nel dolore siamo messi di fronte alla nostra verità, alla “povertà” umana che nel Crocifisso Risorto non è fonte di depressione e sinonimo di “nullità”, ma scoperta della nostra felice dipendenza da Lui. Ciò che possiedo e che, sotto il peso del dolore e del dubbio sembra svanire, mi è dato da Lui e non è solo per me, è per una missione di “per-dono”, di dono totale e compiuto (Gv 20, 23).

Commento patristico

“Le cicatrici indicavano colui che aveva sanato tutte le ferite degli altri. Non avrebbe potuto il Signore risorgere senza cicatrici? Ma sapeva che nel cuore dei discepoli c’erano delle ferite che le cicatrici conservate nel suo corpo avrebbero sanato”.
(Sant’Agostino, Discorsi 88, 1-2)

Commento francescano

La “pace” di Gesù (Gv 20, 19), lo Shalom ebraico che soffia dal Risorto sugli Apostoli, ha raggiunto anche Francesco d’Assisi che, su indicazione di Cristo stesso, lo scelse come saluto dell’Ordine dei Frati minori (FF 121). Esso è sinonimo di integrità, di salute, di appagamento, di compiutezza; il verbo ebraico corrispondente significa anche “pagare” e “riscattare”: in esso è contenuto, quindi, anche il senso del dono della vita per la salvezza dei fratelli, ad imitazione del Risorto le cui piaghe sono “vere finestre aperte sulle viscere della sua misericordia” (FF 1991).

Preghiera finale

Dio di eterna misericordia, che nella ricorrenza pasquale ravvivi la fede del tuo popolo, accresci in noi la grazia che ci hai dato, perché tutti comprendiamo l'inestimabile ricchezza del Battesimo che ci ha purificati, dello Spirito che ci ha rigenerati, del Sangue che ci ha redenti. Per il nostro Signore... (v. Colletta, Domenica in Albis – B).


LECTIO DIVINA

9 Aprile 2018 - Annunciazione del Signore

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Is 7,10-14; 8,10c; Sal 39 (40); Eb 10,4-10; Lc 1,26-38

Oggi è la festa dell’incontro tra Dio e l’umanitàda lui creata ed amata. La storia della salvezza si intreccia con la ferialità. L’Onnipotente sceglie di rendersi impotente dinanzi alla libertà umana da Lui stesso desiderata e ‘chiede il permesso’ per entrare nel mondo, per farsi nostro compagno di viaggio a tutti gli effetti. Attende la disponibilità da una giovane donna: «Ecco, concepirai un figlio».E lei, Maria, acconsente:«Eccola serva del Signore» (cfr. Lc 1,31.38).

Commento alle Letture

Nella prima Lettura (Is 7,10-14; 8,10c) l’annuncio del profeta Isaia al re Acaz sembra andare ben oltre la nascita dell’erede Ezechia, per raggiungere quel discendente di Davide grazie al quale si sperimenterà definitivamente la vicinanza di Dio al suo popolo: «Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele, perché Dio è con noi». L’evangelista Matteo e la fede della Chiesa vedranno in Cristo la realizzazione perfetta di quella profezia. Con l’incarnazione Dio manterrà la sua promessa. Non siamo più soli. Dio è con noi, abita con noi. Quanta speranza può dare ciò a chi vive l’emarginazione, il disprezzo, l’incomprensione! Quanta gioia, quanta pace! Quanta forza per risorgere!

La seconda Lettura (Eb 10,4-10) vuole aiutarci a capire come l’obbedienza a Dio vale più di qualunque sacrificio che possiamo inventare con la nostra pseudo-spiritualità e Gesù, modello supremo della nostra fede, anche in questo ci ha dato l’esempio. «Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà» (10,7): Gesù ha imparato a dirlo «entrando nel mondo» (10,5) e ha scelto di offrire il suo corpo e tutto se stesso per noi. Da Gesù impariamo che non c’è niente di più sacro (da cui la parola sacrificio) che aderire col cuore e con la vita al disegno d’amore che Dio ha su di noi.

Commento al Vangelo

I profeti dell’Antico Testamento ci narravano che, da sempre, Dio ha detto «Eccomi, eccomi»a chi non lo cercava (cfr. Is 65,1). Il meraviglioso annuncio che in questa solennità ci viene dal Vangelo (Lc 1,26-38), è che finalmente in Maria l’Eccomidi Dio trova risposta, e una degna risposta. Come un’eco. Amore da sempre respinto, ora Dio si sente accolto.L’uomo dice Sì e Dio non può non venire.
Maria, fidanzata a Giuseppe, aveva dei progetti per una vita senz’altro bella e alla luce della fede, ma probabilmente abbastanza diversi da quanto adesso le viene proposto e che, tra l’altro, non appare neanche del tutto chiaro. La ragazza di Nazaret ha un cuore puro e una disponibilità totale; Dio bussa piano alla sua porta e la trova pronta.I sogni di Maria aderiscono al Sogno di Dio. Anche ciascuno di noi può riconoscersi come Maria coinvolto con Dio nel costruire la storia, chiamato a dare una risposta grande, che comporterà tante piccole risposte quotidianenon prive di fatica, ma colme di senso.

Commento patristico

«Vedi la prudenza? Vedi l’eccellenza della sua profonda umiltà? Dopo essere stata informata del concepimento e della nascita di un figlio e dopo aver saputo chi fosse e di chi sarebbe stato figlio, come si sarebbe dovuto chiamare, a chi sarebbe succeduto sul trono, dove avrebbe regnato e quale regno gli sarebbe stato attribuito, con voce piena di gioia, a sua volta risponde: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Come se dicesse: Sono pronta e non c’è niente che possa impedirlo» (S. Andrea di Creta, vescovo).

Commento francescano

Nella vita di S. Chiara di Assisi c’è un Eccomiun po’ buffo e insieme molto significativo, che rivela tutta la sua umanità, il suo desiderio di ‘sororità’, la semplicità santa con cui si relazionava anche con il suo Signore. È l’ultima notte di Natale che trascorre in questo mondo, quando si lamenta dolcemente con Dio di essere rimasta… sola con lui. E stavolta è Dioche è pronto a rispondere.
«Narrava Chiara come, ne la notte de la Natività del Signore, non potendo essa per la grave infermità levarse del letto per intrare nella cappella, le sore andarono tutte al mattutino al modo usato, lassando lei sola. Allora essa suspirando disse: “O Signore Dio, ecco che so’ lassata sola ad tein questo loco”. Allora subitamente incominciò ad udire li organi e responsori e tutto lo offizio delli frati della chiesa de Santo Francesco, come se fusse stata lì presente» (FF 2996).

Orazione finale

Signore, insegnaci ad abbandonarci con fiducia a te, a consegnarci a te completamente, come Maria, senza attendere di aver tutto chiaro. Donaci di rispondere Eccomi a quell’Eccomi che tu per primo dici a noi da sempre e per sempre. Amen.

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