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NEWSLETTER n° 34 - 6 marzo 2018

  • DAL MESSAGGIO PER LA GMG DEL 25 MARZO 2018
  • LECTIO DIVINA - 11 Marzo 2018 - IV Domenica di Quaresima / B

IL PAPA AI GIOVANI:

"Siate coraggiosi, mi fido di voi!"

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Cari giovani,

la Giornata Mondiale della Gioventù del 2018 rappresenta un passo avanti nel cammino di preparazione di quella internazionale, che avrà luogo a Panama nel gennaio 2019.
Abbiamo scelto di farci accompagnare in questo itinerario dall’esempio e dall’intercessione di Maria, la giovane di Nazareth che Dio ha scelto quale Madre del suo Figlio. Lei cammina con noi verso il Sinodo e verso la GMG di Panama.
«Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1,30). Sono le parole rivolte dal messaggero di Dio, l’arcangelo Gabriele, a Maria, nell’annunciarle che sarebbe divenuta Madre di Gesù. Maria trema davanti al mistero della chiamata di Dio, che in un momento la pone davanti all’immensità del proprio disegno. È il ‘brivido’ che proviamo di fronte alle decisioni sul nostro futuro, sul nostro stato di vita, sulla nostra vocazione.
E voi giovani, quali paure avete? Una paura ‘di sottofondo’ che esiste in molti di voi è quella di non essere amati, benvoluti, di non essere accettati per quello che siete. Oggi tanti giovani hanno la sensazione di dover essere diversi da ciò che sono, nel tentativo di adeguarsi a standard spesso artificiosi e irraggiungibili. Fanno continui ‘fotoritocchi’ delle proprie immagini, nascondendosi false identità, fin quasi a diventare loro stessi un ‘fake’. C’è in molti l’ossessione di ricevere il maggior numero possibile di ‘mi piace’. E da questo senso di inadeguatezza sorgono paure e incertezze. Altri temono di non riuscire a trovare una sicurezza affettiva e rimanere soli. In molti, davanti alla precarietà del lavoro, subentra la paura di non riuscire a trovare una soddisfacente affermazione professionale, di non veder realizzati i propri sogni. Alcuni, che sono credenti, pensano: forse Dio mi chiede o mi chiederà troppo; forse, percorrendo la strada indicatami da Lui, non sarò veramente felice, o non sarò all’altezza di ciò che mi chiede.
Nei momenti in cui dubbi e paure affollano il nostro cuore, si rende necessario il discernimento. Esso ci consente di mettere ordine nella confusione dei nostri pensieri e sentimenti, per agire in modo giusto e prudente. In questo processo, il primo passo per superare le paure è quello di identificarle con chiarezza, per non ritrovarsi a perdere tempo ed energie in preda a fantasmi senza volto e senza consistenza. Per questo, vi invito tutti a guardarvi dentro e a ‘dare un nome’ alle vostre paure. Chiedetevi: oggi, nella situazione concreta che sto vivendo, che cosa mi angoscia, che cosa temo di più? Perché non ho il coraggio di fare le scelte importanti che dovrei fare? Gesù stesso, seppure a un livello incomparabile, ha provato paura e angoscia (cfr Mt 26,37; Lc 22,44). Per noi cristiani, in particolare, la paura non deve mai avere l’ultima parola, ma essere l’occasione per compiere un atto di fede in Dio... e anche nella vita! Ciò significa credere alla bontà fondamentale dell’esistenza che Dio ci ha donato.

APRIRSI ALL’ALTRO CHE CHIAMA

Il discernimento diventa indispensabile quando si tratta della ricerca della propria vocazione. Questa, infatti, il più delle volte non è immediatamente chiara o del tutto evidente, ma la si comprende a poco a poco. Il discernimento da fare, in questo caso, non va inteso come uno sforzo individuale di introspezione, dove lo scopo è quello di conoscere meglio i nostri meccanismi interiori per rafforzarci e raggiungere un certo equilibrio. In questo caso la persona può diventare più forte, ma rimane comunque chiusa nell’orizzonte limitato delle sue possibilità e delle sue vedute. La vocazione invece è una chiamata dall’alto e il discernimento in questo caso consiste soprattutto nell’aprirsi all’Altro che chiama. E’ necessario allora il silenzio della preghiera per ascoltare la voce di Dio che risuona nella coscienza. Egli bussa alla porta dei nostri cuori, come ha fatto con Maria, desideroso di stringere amicizia con noi attraverso la preghiera, di parlarci tramite le Sacre Scritture, di offrirci la sua misericordia nel sacramento della Riconciliazione, di farsi uno con noi nella Comunione eucaristica.

IL GUSTO DELL’INCONTRO E DELL’AMICIZIA

Nella ricerca della propria vocazione è importante anche il confronto e il dialogo con gli altri che hanno più esperienza e ci aiutano a vedere meglio. Nei vostri dubbi, sappiate che potete contare sulla Chiesa. So che ci sono bravi sacerdoti, consacrati e consacrate, fedeli laici, molti dei quali giovani a loro volta, che come fratelli e sorelle maggiori nella fede possono accompagnarvi; animati dallo Spirito Santo sapranno aiutarvi a decifrare i vostri dubbi e a leggere il disegno della vostra vocazione personale.
C’ è anche chi ci aiuta ad aprirci a tutte le infinite ricchezze dell’esistenza che Dio ci ha dato. È necessario aprire spazi nelle nostre città e comunità per crescere, per sognare, per guardare orizzonti nuovi! Mai perdere il gusto di godere dell’incontro, dell’amicizia, il gusto di sognare insieme, di camminare con gli altri. Non lasciate, cari giovani, che i bagliori della gioventù si spengano nel buio di una stanza chiusa in cui l’unica finestra per guardare il mondo è quella del computer e dello smartphone. Spalancate le porte della vostra vita! I vostri spazi e tempi siano abitati da persone concrete, relazioni profonde, con le quali poter condividere esperienze autentiche e reali nel vostro quotidiano.

DIO CHIAMA CIASCUNO PER NOME

«Io ti ho chiamato per nome» (Is 43,1). In quanto personale e unica, la chiamata divina richiede da noi il coraggio di svincolarci dalla pressione omologante dei luoghi comuni, perché la nostra vita sia davvero un dono originale e irrepetibile per Dio, per la Chiesa e per gli altri. Cari giovani, l’essere chiamati per nome è dunque un segno della nostra grande dignità agli occhi di Dio, della sua predilezione per noi. E Dio chiama ciascuno di voi per nome.

L’AMORE GRATUITO

Maria ha trovato grazia presso Dio. Questo è il motivo principale per cui Maria non deve temere: perché ha trovato grazia presso Dio. La parola ‘grazia’ ci parla di amore gratuito, non dovuto. Quanto ci incoraggia sapere che non dobbiamo meritare la vicinanza e l’aiuto di Dio presentando in anticipo un ‘curriculum d’eccellenza’, pieno di meriti e di successi! Anche in futuro ci sarà sempre la grazia di Dio a sostenerci, soprattutto nei momenti di prova e di buio.
Le parole dell’angelo discendono sulle paure umane dissolvendole con la forza della buona notizia di cui sono portatrici: la nostra vita non è pura casualità e mera lotta per la sopravvivenza, ma ciascuno di noi è una storia amata da Dio. L’aver ‘trovato grazia ai suoi occhi’ significa che il Creatore scorge una bellezza unica nel nostro essere e ha un disegno magnifico per la nostra esistenza. Questa consapevolezza non risolve certamente tutti i problemi o non toglie le incertezze della vita, ma ha la forza di trasformarla nel profondo.

IL SIGNORE ASPETTA LA VOSTRA RISPOSTA

Dalla certezza che la grazia di Dio è con noi, proviene la forza di avere coraggio nel presente: coraggio per portare avanti quello che Dio ci chiede qui e ora, in ogni ambito della nostra vita; coraggio per abbracciare la vocazione che Dio ci mostra; coraggio per vivere la nostra fede senza nasconderla o diminuirla.
Desidero che nella Chiesa vi siano affidate responsabilità importanti, che si abbia il coraggio di lasciarvi spazio; e voi, preparatevi ad assumere queste responsabilità.
Se ci lasceremo contagiare dall’esempio di Maria, vivremo in concreto quella carità che ci spinge ad amare Dio al di sopra di tutto e di noi stessi, ad amare le persone con le quali condividiamo la vita quotidiana. E ameremo anche chi ci potrebbe sembrare di per sé poco amabile. È un amore che si fa servizio e dedizione, soprattutto verso i più deboli e i più poveri, che trasforma i nostri volti e ci riempie di gioia.
Carissimi giovani il Signore, la Chiesa, il mondo, aspettano anche la vostra risposta alla chiamata unica che ognuno ha in questa vita! La GMG è per i coraggiosi! Non per giovani che cercano solo la comodità e che si tirano indietro davanti alle difficoltà. Accettate la sfida?

LECTIO DIVINA

11 Marzo 2018 - IV Domenica di Quaresima / B
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2 Cr 36,14-16.19-23; Sal 136/137,1-7; Ef 2,4-10, Gv 3,14-21

Nella IV Domenica di Quaresima risuona l’acclamazione “Rallegrati”. La liturgia ci offre molti motivi per i quali possiamo gioire e all’origine fra tutti: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Possiamo gioire perché Dio ha premura del suo popolo e continuamente ci invita all’amore: abita nel nostro cuore, non teme i nostri peccati o rifiuti, percorre con noi le strade del mondo gioendo per ogni piccolo atto d’amore che riusciamo ad esprimere nella nostra vita.

Commento alle letture

Nella prima lettura, tratta dal secondo libro delle Cronache, gioiamo perché Dio è fedele. Tramite un suo ‘messaggero’ straniero e pagano, il re Ciro di Persia, riporterà a Gerusalemme il suo popolo che era stato deportato e si era allontanato da Lui. Dice infatti Ciro: “Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, sia con lui e salga!”. Cogliamo le persone che nella nostra vita si fanno messaggeri di Dio e diveniamo noi stessi messaggeri di amore per gli altri. Dio ci da sempre una nuova possibilità, possiamo sempre ricominciare perché Lui è il Dio fedele.

Nella seconda lettura, san Paolo ci ricorda che grazie a Cristo l’uomo è redento e salvato e questa salvezza è dono gratuito, è la testimonianza di un Dio “ricco di misericordia” che non teme il rifiuto e il peccato da parte dell’uomo. È un Dio che ama immensamente e desidera solo liberare l’uomo dalle sue idolatrie. Il peccato o la lontananza da Dio ci rendono schiavi e non ci permettono di esprimere la ricchezza della nostra umanità, il volto di Dio che noi siamo.

Commento al Vangelo

Nel Vangelo, l’apostolo Giovanni parla dell’incontro tra Gesù e Nicodemo. Gesù si rivolge a Nicodemo dicendo: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna”. Così dicendo Gesù parla di se stesso e della sua passione e morte sulla croce. Come al tempo dell’Esodo coloro che guardavano il serpente di bronzo innalzato da Mosè venivano guariti, così Gesù innalzato sulla croce sarà salvezza per tutti gli uomini: “la luce è venuta nel mondo”. La gloria di Dio risplende nel corpo di un uomo appeso sulla croce, la potenza salvatrice si rivela in un uomo inchiodato in croce. Credere in Dio e nel suo Figlio non è un’ideologia ma una verità di fede che permette di passare dalle tenebre alla luce testimoniando l’amore in opere concrete quotidiane. Dio fa festa con noi, in ogni nostro piccolo passo verso la luce.

Commento patristico

«I comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi» (Sal 18,9). Ricevi Cristo, ricevi la vista, ricevi la luce per conoscere a un tempo Dio e l'uomo. Se non ci fosse il sole, la notte sarebbe diffusa dovunque nonostante tutte le stelle; così, se non avessimo conosciuto il Verbo e non fossimo stati da lui illuminati, saremmo come persone senza vita e senza uno scopo pe cui andare avanti ogni giorno. Apriamoci dunque alla luce per possedere Dio. Accogliamo la luce per diventare discepoli del Signore. Egli, infatti lo ha promesso al Padre: «Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all'assemblea» (Sal 21,3). Guardiamoci dal dimenticare la verità, allontaniamo da noi l'ignoranza e, dissipiamo le tenebre che offuscano come nube i nostri occhi, contempliamo il vero Dio elevando per prima cosa verso di lui questa acclamazione: “Salve, o Luce”! Infatti, a noi che eravamo sepolti nelle tenebre e avvolti nell'ombra della morte, è apparsa la luce del cielo, più pura del sole e più gioiosa di questa vita. Questa luce è la vita eterna e di essa vivono tutte le cose che ne partecipano (Clemente Alessandrino - III secolo).

Commento francescano

San Francesco diceva che “niente è più importante della salvezza delle anime, e lo provava molto spesso con il fatto che l’Unigenito di Dio si è degnato di essere appeso alla croce per le anime. Da qui derivava il suo impegno nella preghiera, il suo trasferirsi da un luogo all’altro per predicare, la sua grande preoccupazione di dare buon esempio. Non si riteneva amico di Cristo, se non amava le anime che Egli ha amato” (Vita seconda di Tommaso da Celano - FF 758).

Orazione finale

Signore, aiutaci a non rimanere nel peccato e a non oscurare il nostro cuore dove possiamo cogliere la tua presenza, insegnaci a non distaccare il nostro sguardo da Cristo crocifisso affinché, attratti dal suo esempio di amore, doniamo la nostra vita per il servizio dei fratelli diventando collaboratori del tuo regno. Per il nostro Signore.
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