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NEWSLETTER n° 34 - 21 dicembre 2019

  • BUON NATALE!
  • LECTIO DIVINA - 22 Dicembre 2019 - IV Domenica di Avvento / A

BUON NATALE!

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“I poveri e i semplici nel presepe ricordano che Dio si fa uomo per quelli che più sentono il bisogno del suo amore e chiedono la sua vicinanza. Gesù, «mite e umile di cuore» (Mt 11,29), è nato povero, ha condotto una vita semplice per insegnarci a cogliere l’essenziale e vivere di esso. Dal presepe emerge chiaro il messaggio che non possiamo lasciarci illudere dalla ricchezza e da tante proposte effimere di felicità. Il palazzo di Erode è sullo sfondo, chiuso, sordo all’annuncio di gioia. Nascendo nel presepe, Dio stesso inizia l’unica vera rivoluzione che dà speranza e dignità ai diseredati, agli emarginati: la rivoluzione dell’amore, la rivoluzione della tenerezza. Dal presepe, Gesù proclama, con mite potenza, l’appello alla condivisione con gli ultimi quale strada verso un mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato” (Admirabile signum).

Cari amici,
leggendo la Lettera Apostolica Admirabile signum di Papa Francesco sul significato e il valore del presepe, ci siamo soffermate proprio sulle parole dinanzi citate da cui emerge che abbiamo tutti una sola grande potenzialità che è la rivoluzione dell’amore e la rivoluzione della tenerezza. Amore e tenerezza che si manifestano verso chi abbiamo vicino e poi verso tutti e soprattutto verso gli ultimi. Quest’appello alla condivisione con gli ultimi, perché nessuno sia escluso ed emarginato, ci riporta alla bellezza del nostro essere cristiani e per noi Sorelle, in particolare, anche francescane dove essenziale è la minorità. Dalla Vita Prima di Tommaso da Celano (FF 469), nel racconto del presepe di Greccio, emerge il legame tra l’incarnazione e l’eucarestia che viene celebrata solennemente sulla mangiatoia. Siamo così riportate a far memoria della nostra ricca spiritualità prendendo a valori fondanti l’umiltà, la povertà, la preghiera, la fraternità. Le linee guida di questo Natale sono quindi quelle di sempre e che più ci appartengono.

Abbiamo ricevuto in dono la fede, la chiamata alla vita clariana che nasce sempre da uno ‘spezzare’. “Non c’è altro modo di donare la vita se non spezzandola come un pane e distribuirla. E il meglio di noi viene fuori proprio quando la vita ci spezza. Noi pensiamo che dobbiamo conquistare la fede, meritarla. Invece essa ci giunge come dono gratuito slegata da tutte quelle logiche mondane che ricamiamo intorno a essa. Il Vangelo è la demolizione dell’immaginario banale su Dio. Dio nasce povero invece che ricco, in periferia invece che al centro, figlio di nessuno e in una stalla” (cfr Luigi Maria Epicoco, Solo i malati guariscono). Tutto questo ci parla di gratuità. Ci ricorda che la fede è un dono e mai capacità, attitudine, prestazione, sforzo, impegno. “La fede nasce dallo spezzare le nostre certezze” e dalla contemplazione gioiosa della Sua presenza nel quotidiano e nelle relazioni che viviamo.

Allora anche le nostre famiglie, le nostre comunità con le loro difficoltà, le paure per le tante precarietà diventano momenti in cui la nostra fede diventa più forte e consapevole. E’ il momento in cui, riconciliandoci con le nostre fragilità e con la nostra umanità mai perfetta, possiamo venire interiormente guariti. La nostra offerta diventa così un tutt’uno con lo ‘spezzare il pane’ e ridistribuirlo con gesti di amore e tenerezza, con la trasparenza e onestà nelle relazioni. Questo Natale viene ancora a dirci che proprio nelle fragilità la fede che si riceve come dono gratuito ci cambia interiormente e ci rende capaci di generare amore.

E’ questo il nostro augurio per tutti noi perché ogni difficoltà, fragilità, separazione sia superata dalla logica dell’amore e della gratuità. Vi assicuriamo la nostra preghiera.

Con affetto,
Le Clarisse di Farnese

LECTIO DIVINA

22 Dicembre 2019
IV Domenica di Avvento / A
Mt 1,18-24) Gesù nascerà da Maria, sposa di Giuseppe, figlio di Davide.1

Is 7,10-14; Sal 23(24); Rm 1,1-7; Mt 1,18-24

Questa liturgia ci inviata ad assumere un adeguato atteggiamento di fede nei confronti del dono che riceviamo: Non temere, prendilo! È un dono che ci è stato fatto già duemila anni fa e ci viene rinnovato ogni anno, ogni giorno e ogni istante della nostra vita. Impegnamoci per aprire il nostro cuore. Il Signore vuole donarci l’impossibile per noi, vuole donarci sé stesso.

Testo e commento alle Letture

Dal libro del profeta Isaia (7, 10-14)

In quei giorni, il Signore parlò ad Acaz: «Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall'alto». Ma Àcaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». Allora Isaìa disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele»

Il testo ci mostra chiaramente uno dei frequenti modi in cui noi uomini rifiutiamo i doni del Signore e, nello stesso tempo, ci testimonia la fedeltà di Dio nei nostri confronti, malgrado il nostro rifiuto.
Il Signore desidera riempire di bene la vita e la storia del re Acaz. Per questo motivo, Dio stesso chiede a quest’uomo di esprimerGli la richiesta, in quanto il Signore non può intervenire senza il suo contributo. Dio ha bisogno della nostra libera scelta, del nostro desiderio, della nostra volontà. Acaz è libero di accettare o rifiutare la proposta del Signore. Acaz rifiuta perché non si ritiene degno di avanzare richieste a Dio: Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore. Magari ritiene anche di essere il vero credente, colui che non mette alla prova Dio. Nella realtà è un orgoglioso, mascherato da umile, che dice: non lo merito e quindi lo rifiuto. Il vero umile avrebbe detto: lo ricevo in dono quindi grazie!
Tuttavia il Signore è così buono che non si arrende ma continua a cercare di persuadere il re, tramite Isaia, affinchè accetti il dono. Le parole del profeta si potrebbero tradurre così: “A forza di non accogliere il regalo, vuoi che Dio si stanchi di fartelo?”. Il profeta vuole esortare il re a credere nel Signore, perché la vera stabilità ha radici nella fiducia in Dio e non nelle alleanze umane o militari.
Il Padre celeste, infatti, cerca disperatamente di convincerci del messaggio espresso dal nome Emmanuele: Dio è con noi. E noi possiamo davvero fidarci di Lui.



Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (1, 1-7)

Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio - che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore; per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l'obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo –, a tutti quelli che sono a Roma, amati da Dio e santi per chiamata, grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo!

In questa pericope l’unico verbo che indica un’azione compiuta da un soggetto è egli aveva promesso, riferito a Dio. Tutti gli altri verbi esprimono un’ azione subita da un soggetto: scelto, nato, costituito, abbiamo ricevuto, siete chiamati, amati.
San Paolo sottolinea il nostro essere debitori nei confronti di Dio, di Cristo, degli apostoli, dalla Chiesa. Ricapitola la storia della salvezza, di cui ora siamo protagonisti anche noi, chiamati da Dio e, in questo modo, ci esorta a prendere coscienza della grazia che ci è stata concessa e della responsabilità che ne deriva.



Testo e commento al Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo (1, 18-24)

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa "Dio con noi".
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

Accogliere i doni che Dio vuole farci, non è una questione semplice e immediata come potrebbe sembrare ad un occhio poco attento. Ce lo testimonia un gigante della fede: San Giuseppe, modello di obbedienza a Dio, colui che fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore.
Prima di fidarsi di Dio e di agire secondo la Sua volontà, Giuseppe, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Anche Giuseppe di fronte ad un evento tanto incredibile e difficile, vive l’incertezza, il dubbio, il tentativo di cercare una soluzione da sé, la lotta interiore tra sentimenti contrastanti. Insomma, Giuseppe fa il suo cammino per accogliere il dono, proprio come accade a noi. Dato che lui è un uomo giusto, vive il dramma di ogni giusto. “La persona giusta è quella che riceve il giusto merito delle sue opere, che non vuole di più di quello che gli spetta. E Giuseppe essendo giusto ritiene che il dono è troppo grande, non è da lui. Il dono che Dio ci dà è superiore a ogni nostra giustizia: è puro dono,infatti. E bisogna stare attenti a non cadere nella trappola della nostra giustizia; sono ancora le trappole della legge contro il vangelo. Dobbiamo aprirci a qualcosa di molto più grande di quanto noi possiamo fare e possiamo meritare. Dobbiamo avere dei desideri più grandi delle nostre possibilità.” (Commento al Vangelo di Matteo, p. Filippo Clerici e p. Silvano Fausti)
Dio non ci lascia soli neppure in questa lotta: mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa ». Il Signore ci rassicura e ci spinge ad osare di credere in Lui, anche quando è necessario attraversare un dispiacere, un trauma, un lutto. Ci vuole umiltà per credere più a Dio che ai nostri ragionamenti e sentimenti, e ci vuole coraggio per vivere più di ciò che si riceve, piuttosto che solo di ciò che si può fare con le proprie risorse. L’umile è sempre in debito perché Dio e i suoi doni si possono solo ricevere, non fare.



Commento francescano (Lettera ai fedeli 9, 45: FF 199)

Non dobbiamo essere sapienti e prudenti secondo la carne, ma piuttosto dobbiamo essere semplici, umili e puri.

Nel Vangelo di Matteo si dice che Giuseppe prima pensò di ripudiarla in segreto ma poi prese con sé la sua sposa. Tra questi due momenti si svolge tutta la lotta interiore del santo, che lo conduce dalla sapienza e prudenza secondo la carne alla semplicità, all’umiltà e alla purezza, caratteristiche queste ultime, che gli permettono di accogliere il dono di Dio.
“Per arrivare alla purezza di cuore è necessario un impegno permanente per raggiungere una libertà interiore totale, priva di quella appropriazione o alienazione che costituiscono un ostacolo all’azione dell’amore di Dio dentro e attraverso ogni persona.” (L’identità francescana. Contenuti fondamentali del carisma di san Francesco d’Assisi, Fernando Uribe Escobar)



Commento patristico ( San Giustino, Dialogo con Trifone , LXXVIII)

Il fatto che Isaia dicesse: “Prenderà la potenza di Damasco e le spoglie di Samaria”, indicava che Cristo con la sua nascita avrebbe sconfitto la potenza del demonio malvagio che abita in Damasco, cosa che è comprovato essere avvenuta. Infatti i magi che erano preda di tutte le cattive azioni messe in opera da quel demonio, una volta venuti ad adorare Cristo, mostrano di essersi liberati di quella potenza che li infestava e che la Scrittura misteriosamente ci indicava abitare in Damasco.

San Giustino esplicita chiaramente il dono che la nascita di Cristo reca all’uomo: la libertà. I magi, una volta venuti ad adorare Cristo, mostrano di essersi liberati di quella potenza che li infestava. Cristo con la sua venuta, viene a liberarci dalle nostre schiavitù, dai nostri desideri malati, dai nostri pensieri bugiardi, dalle nostre paure, dalla nostra incapacità di scegliere il bene. Viene a guarirci perché abbiamo occhi per vedere ma non vediamo, abbiamo orecchi per udire e non udiamo (Crf. Ez 12,2).




Orazione finale

Padre, prepara con la tua potenza il nostro cuore per accogliere la venuta di Cristo e i doni che hai già pronti per noi. Aiutaci a desiderare, non secondo le nostre possibilità ma secondo i tuoi sconfinati orizzonti. Per Cristo nostro Signore.

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