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"Con voi ascolto ciò che dico"
(Gregorio Magno)

Newsletter n°28
luglio 2021
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PENSIERI DA VIVERE

APRIRE LE PORTE DEL SENSO

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Chi meglio di un medico può addentrarsi in e comprendere le ferite, le piaghe che opprimono il corpo e il cuore dell’uomo? L’evangelista Luca, medico e autore del Vangelo e degli Atti degli apostoli, apre le due opere di cui è ritenuto l’autore parlando proprio di sofferenze e di fallimenti: il Vangelo presenta subito Zaccaria, sacerdote anziano, senza figli; gli Atti ricordano nei primi versetti il tradimento e il suicidio di Giuda. Due drammi, dunque, nonostante e attraverso i quali la luce divina ci raggiunge, la Storia della salvezza si apre un varco. Luca si fa interprete di questa storia perché noi possiamo comprenderla e non rimanere ascoltatori distratti e superficiali.
Aiutate dalla biblista Rosalba Manes, abbiamo riletto alcuni passi lucani, con la consapevolezza che nella Sacra scrittura come nella vita reale, se non si posseggono le chiavi di lettura giuste gli eventi restano muti, disordinati, caotici, spesso insensati.

IL NOSTRO CORPO, IL NUOVO TEMPIO
Con Cristo è il corpo umano il nuovo tempio dello Spirito Santo: al terzo capitolo di Atti, prima di accedere al Tempio, Pietro e Giovanni incrociano lo sguardo di un quarantenne, storpio fin dalla nascita. Il “quaranta”, numero di un’intera generazione, sta ad indicare che TUTTI abbiamo qualche malformità: non bastiamo a noi stessi, abbiamo bisogno spesso di elemosinare dagli altri un gesto, un aiuto, un po’ di ASCOLTO amorevole, autentico. E abbiamo bisogno che l’altro ci guardi, ci doni se stesso e non solo “qualcosa”: la relazione parte dagli “occhi”, termine che in ebraico (ʿayin) indica una fonte, una sorgente. Siamo ciò che guardiamo (pensiamoci ogni volta che scegliamo che cosa guardare in tv o sui social!): lo sguardo dei due discepoli, acceso del fuoco dello Spirito appena disceso su di loro, è in grado di risollevare un uomo che non ha mai camminato e che ora entra nel Tempio danzando.

PERDERSI FUORI, PERDERSI DENTRO
Luca usa due termini greci per distinguere chi, come il figlio prodigo, si perde “fuori” della casa del Padre (l’amartolos, il peccatore, colui o colei che non centra il bersaglio) e l’apololós, il fratello maggiore o il fariseo, che si perdono pur rimanendo apparentemente dentro la casa paterna. Il denominatore comune di ogni peccato è, in definitiva, la SOLITUDINE. Anche Gesù si perde a 12 anni, ma si perde nel Padre! Ciò che manca a tutti i perduti è la relazione con Dio Padre: Gesù si “libera” del vincolo che lo lega ai genitori non per fare ciò che vuole, né perché se ne senta oppresso, ma per entrare in relazione con il Padre, lasciarsi deporre come lo storpio di Atti nelle Sue mani, in un rapporto di fiducia totale che è possibile solo se siamo liberi interiormente.

ANCH’IO HO DECISO…PER TE!
Quando ci apriamo all’ascolto di Dio tutto il nostro essere è coinvolto: comprendiamo che quella parola è rivolta a noi in prima persona. All’inizio del Vangelo Luca afferma di essere stato toccato così profondamente dalle parole dei testimoni oculari sulle vicende di Gesù che “anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza…” (Lc 1, 3). Lo scopo di Luca è quello di lavorare non per se stesso, ma perché anche la comunità (che si nasconde dietro il nome di Teofilo, “amato da Dio”) possa ricevere qualcosa di “solido”, un insegnamento che dura per sempre, che non va in frantumi al primo colpo di vento.

INCÒLLATI A ME!
Barnaba è l’apostolo che viene scelto per sostituire Giuda Iscariota e ricostituire così il gruppo dei Dodici. Barnaba è colui che, a più riprese, “prende con sé” prima Paolo, poi Marco (cfr. At 9,27 e At 15,37). È colui che assume su di sé la vita e il destino di un altro, che sceglie di “incollare a sé” la vita del fratello, dell’amico, per condurlo, sostenerlo, introdurlo in un’esperienza…quanti Barnaba hanno accompagnato i nostri passi? Troppo spesso facciamo memoria continua delle delusioni, degli abbandoni, dei tradimenti: scorriamo, invece, la nostra vita alla ricerca dei nostri Barnaba, di coloro che hanno assunto una parte grande o piccola, un momento cruciale della nostra vita, aiutandoci a camminare!
LECTIO DIVINA

NON HO TEMPO PER FERMARMI!

In questa XVI Domenica del tempo ordinario, quando Gesù dice: “Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto e riposatevi un po’”, ci invita a relativizzare un’azione che è diventata lo slogan della nostra esistenza: il FARE. Viviamo come se la nostra vita dipendesse dal “fare” qualcosa: dal dimostrare il proprio talento, le proprie capacità, dal fare più cose possibili, anche a costo di esaurirsi. Dimentichiamo così che, nevrotici e ansiosi, non possiamo dare gloria a Dio. Gesù dice chiaramente che il nostro valore non dipende da ciò che facciamo, ma da quello che siamo: a Lui interessa solo la persona in se stessa. Questo non significa che dobbiamo essere passivi, ma che il “fare” non deve dominare la nostra vita, mentalità che oggi sembra ancora più difficile da scardinare. Come i genitori agiscono in funzione della qualità del loro rapporto coi figli, così ogni battezzato chiamato all’evangelizzazione, alle opere pastorali, all’apostolato, non deve fare delle opere il “culto” della sua esistenza, mettendo in secondo piano ciò che invece è essenziale, l’essere ovvero il rapporto esclusivo con Dio.
18 luglio 2021 - XVI DOMENICA DEL T.O./B
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PENSIERI PER PREGARE

LA MIA CARNE RIPOSERÀ

NELLA SPERANZA

12
Contemplavo sempre il Signore innanzi a me;
poiché egli sta alla mia destra, perché io non
vacilli.
Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la
mia lingua;
ed anche la mia carne riposerà nella speranza,
perché tu non abbandonerai l'anima mia negli
inferi,
né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione.
Mi hai fatto conoscere le vie della vita,
mi colmerai di gioia con la tua presenza.

(At 2, 25-28)

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