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PIETRE VIVE
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Abbiamo attraversato giorni duri, noi non tanto avvezzi alle calamità, alle sofferenze prolungate; noi che, come è naturale, tendiamo a trovare soluzioni che subito ci facciano sentire meglio, alleviando in fretta la morsa del dolore, di qualunque natura esso sia. Eppure le difficoltà, se vissute e attraversate con fede, ci spogliano di ciò che non è essenziale e ci fanno nascere un’altra volta: più essenziali e più belli, più vivi.
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La riflessione che vi proponiamo nasce dalla scoperta e dalla contemplazione delle opere di un artista siriano contemporaneo che attraverso i sassi, le pietre, trasmette sentimenti, emozioni, commuove e apre il cuore alla compassione. Nizar Ali Badr vive in Latakia, Siria, martoriata dalla guerra, dalla fame e ora anche dalla pandemia: conosce bene la durezza della vita lui che, a causa della povertà diffusa nel paese, non è in grado di acquistare la colla per allestire le sue composizioni in maniera permanente. Allora crea i suoi quadri di pietra, dove prendono vita genitori, bambini, anziani, amore e morte, famiglie felici, famiglie in fuga con le loro povere cose, vecchi solitari… e poi fiori, alberi e altalene. Fotografa e poi disfa e ricompone un’altra storia. Tutto nasce da una materia che evoca asprezza, durezza di cuore, fame e sete, immobilità; contemporaneamente, come tutti i simboli, la pietra parla però anche di altro: di essenzialità, di solidità, di affidabilità. Giovanni Battista, uomo del deserto scabro, forgiato dai digiuni e dalla solitudine, è la voce che annuncia la luce, è il testimone per eccellenza dell’Amore che darà compimento alla Legge antica data all’uomo “per la durezza del suo cuore”; nei Vangeli di Matteo e di Luca, Gesù ci invita, attraverso una nota parabola, a costruire la casa sulla roccia; e la roccia che dà vita, sulla quale appoggiarci senza riserve, prefigurata nell’Antico Testamento dalla roccia che darà da bere agli Israeliti nel deserto, è Cristo.
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L’arte di Nizar, dedicata soprattutto al dramma della guerra e dei migranti, parla anche a noi, rende visibile il cammino da percorrere: quello di lasciarsi levigare dagli eventi, come i ciottoli che lui raccoglie dalle acque del mare, in riva alla spiaggia; di lasciare che il dolore riduca in noi ciò che è superfluo e illusorio; di rinascere più veri, più solidi, più capaci di trasmettere amore, di manifestare e di accogliere ciò che nasce dal cuore nostro e di chi ci vive accanto. In questi mesi, nonostante il buio e la paura, abbiamo ascoltato storie di amore e di coraggio, testimonianze di chi, ferito duramente dalla malattia, ha parlato di “momento di grazia”, di opportunità di crescita e di cambiamento: parole vere, vive, di chi nel deserto ci ha camminato, ha sostato a volte molto a lungo, ha sofferto, per poi trovare l’acqua, la luce, il calore di una Presenza fedele, permanente.
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UN BAMBINO PER CAMBIARE IL CUORE
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Dio si è fatto bambino, uomo di carne; il Creatore è apparso nel mondo come creatura ordinaria. La Liturgia del giorno di Natale ci “consola”, ovvero ci regala pienezza di vita, perché ricorda a noi smemorati a causa della sfiducia, di questo tempo difficile da digerire e assimilare, che il Figlio di Dio ha camminato come noi e con noi, e continua a farlo, anche ora, mentre leggiamo queste righe, mentre meditiamo, mentre siamo presi fra i preparativi di un Natale apparentemente in tono minore e il pensiero per chi è malato, per chi non c’è più, per un futuro umanamente incerto.
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25 dicembre 2020 - SANTO NATALE
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LA TUA LUCE NELLA NOTTE
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i moti dell'uomo e ogni sorta di affanno
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illumina in te la nostra anima,
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nei suoi moti, o Gesù, luce dei giusti.
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Nell'ora in cui la tenebra,
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come un mantello, si stende su tutto,
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fa' splendere per noi la tua grazia,
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mio Signore, al posto della luce sensibile,
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che allietava gli occhi del nostro corpo.
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che è più estesa del sole.
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che acquieta tutte le cose del mondo
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affaticato dalle sue attività,
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accogli la nostra anima nel tuo stupore.
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che è più grande del silenzio...
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Nell'ora che dà riposo agli affaticati,
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si inebrino, per mezzo del sonno
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i nostri pensieri in te, delizia dei santi.
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(Isacco il Siro, VII sec.)
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