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profess sr grazia
Newsletter n° 40
novembre 2020

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SPUNTI DI RIFLESSIONE

MONS. DERIO OLIVERO: COME UNA LAMPADA NEL BUIO

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Ascoltando la parabola delle dieci vergini (Mt 25,1-13), abbiamo meditato sul "sonno" che coglie tutte quante indistintamente, le stolte e le sagge. Nei momenti bui, difficili, apparentemente senza via d'uscita, tutti "dormiamo", sentiamo Dio lontano, temiamo che si sia scordato di noi. Questo tempo di pandemia sta mettendo alla prova ognuno di noi: per affrontarlo con speranza, per vedere la luce nelle tenebre, non si può ricorrere all'improvvisazione di un facile ottimismo. Per leggere e vivere in profondità questo tempo occorre avere un animo pronto e desto, come testimonia l'esperienza di mons. Derio Olivero, vescovo di Pinerolo, che a causa del Covid ha sfiorato la morte. "La morte fa verità, davanti a lei sei assolutamente vero. Restano due cose: la fiducia in Dio e le relazioni costruite seriamente. Io, anche se sono profondamente credente, ho paura di morire, ma sin dall’inizio, da quando, prima di intubarmi, il dottore mi ha detto che la situazione era seria, ho provato una pace incredibile. Non mi sono mai sentito agitato e spaventato. E questo credo sia merito delle relazioni». E prosegue: "Quando l’ambulanza è venuta a prendermi in vescovado per portarmi in ospedale, ho telefonato al cancelliere e gli ho chiesto di impartirmi l’unzione degli infermi. E sapesse quante volte, nei giorni successivi, in cui sentivo che stavo morendo, mi sono detto: io ci credo a quel sacramento, e quindi posso andare in pace. C’è stata una mezza giornata in cui ho vissuto un’esperienza che non dimenticherò mai, e che è un dono, una grazia. Era come se Dio fosse proprio lì, fisicamente, tanto da poterlo toccare".
L'olio delle relazioni, dell'amore di Dio e degli uomini, gli ha permesso di attraversare la sofferenza con grande pace e fiducia. E come una lampada accesa, Mons. Olivero può far luce a tutti noi grazie alla sua esperienza: "Nell’anno in corso avevo dovuto svolgere delle relazioni sulla figura dell’adulto, sull’adultità, che significa aver provato i limiti della vita e crederci ancora. L’adulto è colui che ha la missione di dar fiducia ai “nuovi” che vengono al mondo. Io in questo periodo ho provato il limite, quello estremo, dell’esistenza, e sono vivo. Credo come pastore di dover ancora di più portare fiducia e speranza alla gente. Oggi il bravo vescovo deve soprattutto stare davanti e provare ad aprire vie nuove per una nuova Chiesa. Come fa davvero papa Francesco».
«Io credo che l’attuale, brutta situazione sia un kairós, che ha già prodotto cambiamenti e portato anche dei frutti positivi. Non avevo mai visto tanta gente pregare in famiglia come adesso. Spesso nelle parrocchie abbiamo l’Eucaristia e niente o poco altro. Invece, anche grazie alla fantasia di alcuni preti, sta nascendo un cristianesimo che vive di più la dimensione domestica, familiare. Sarà la nostra salvezza».
(foto e intervista tratti da Avvenire, 30 aprile 2020)
LECTIO DIVINA

FARE LUCE PER RITROVARE LA DIREZIONE

«La fede» ci dice papa Francesco nella Lumen fidei «è luce che viene dal futuro, che schiude davanti a noi orizzonti grandi e ci porta al di là del nostro “io” isolato verso l’ampiezza della comunione». In questa XXXII Domenica del tempo ordinario, chiediamo a Dio di aumentare la nostra fede per far nostra l’escatologia di cui la liturgia ci parla, e scoprirla poi nell’oggi delle piccole o grandi scelte della nostra quotidianità. Ricordare che la nostra vita si estende oltre quella terrena, ci libera da tante ansie, preoccupazioni, angosce, dona più lucidità e fortezza ai nostri pensieri e alle nostre azioni perché sappiamo di poter contare su un Padre celeste che veglia su di noi ininterrottamente.
8 novembre 2020 - XXXII DOMENICA T.O./A
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PREGA CON NOI

VUOI UN CAFFE'?

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Ogni relazione è un lungo cammino insieme. Verso l’altro. Ogni caffè è una promessa. Accettare di prendere un caffè con un altro significa fare una promessa. Se sono qui con te, se ti regalo un caffè, il mio tempo, le mie parole, la mia fiducia, significa che ci tengo a te davvero. Dunque il mio stare seduto qui, accanto a te, diventa una promessa: ci sono e ci sarò.
Non sto scherzando, non sto cercando di “far passare il tempo”. No, sto dicendoti che credo in questa relazione. Anzi, ti sto promettendo che ci crederò anche domani. Ti sto promettendo che conserverò prezioso nel cuore questo tempo trascorso insieme, in attesa del prossimo caffè. Offrire un caffè significa accendere la voglia di un altro caffè in futuro. Le relazioni vivono di promesse e di speranza. “Vuoi un caffè?” è un bel gesto di libertà. Non è un obbligo. Non sono costretto. Non è dovuto, bensì scelto, donato. È un atto gratuito. Fatto senza condizioni: non ti chiedo qualcosa, non ho secondi fini. E senza condizionamenti: non lo faccio per paura o perché sotto minaccia. È un atto liberamente scelto. E, soprattutto, totalmente donato. A fondo perduto. Perché questa è la libertà: non è solo la facoltà di scegliere, ma la capacità di giocarsi.
(da Mons. Derio Olivero, Vuoi un caffè?- Lettera pastorale 2019-2020)

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