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NEWSLETTER n° 15 - 24 ottobre 2017

LECTIO DIVINA

29 ottobre 2017
XXX Domenica del Tempo Ordinario / A
XXX T.O.

Es 22,20-26;Sal 17/18,2-4.47.51;1Ts 1,5c-10;Mt 22,34-40


La Parola di questa domenica ci invita all’amore di Dio e del prossimo. Le letture sono tra loro legate e mettono in evidenza il tema dell'amore. Nella prima lettura l’amore ci viene presentato attraverso dei divieti, che prescrivono di non fare del male al prossimo; nella seconda lettura siamo invitati ad annunciare con la nostra vita l’amore; nel Vangelo, infine, troviamo tre direzioni fondamentali per vivere l’amore: amare se stessi, amare gli altri e amare Dio.

Commento alle letture

Nella prima lettura (Es 22,20-26), tratta dal libro dell’Esodo, ci viene ricordato come rendere concreto l'amore verso il prossimo: chi ama ha un attenzione particolare verso lo straniero, l'orfano, la vedova, loro rappresentano coloro che son indifesi, che non godono di nessun favore e protezione. Nessuno che si trovi nel bisogno o in qualunque necessità deve essere dimenticato e abbandonato, anzi deve essere amato molto di più perché Dio stesso si è messo dalla loro parte: “quando invocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido”(Es 22,22).
Nell’incontro con Dio perfezioniamo la nostra cura e sollecitudine verso gli altri. Amare significa non molestare, non maltrattare, non opprimere i nostri fratelli. E’ proprio nella relazione con l’altro che conosciamo noi stessi e ci ricordiamo e prendiamo consapevolezza della nostra identità di figli di Dio. Siamo chiamati a fare propri i sentimenti di Dio, far in modo che il bisogno dell’altro venga prima ancora del mio, avere il coraggio di rischiare se stessi per amore.

Nella seconda lettura (1Ts 1,5-10), San Paolo elogia la comunità di Tessalonica perché “avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove” (1,6) sono divenuti testimoni della fede in Gesù. In mezzo alle prove a volte non è facile dare speranza della nostra fede, ma la gioia dello Spirito Santo ci permette di diventare veri discepoli di Dio. Siamo chiamati anche noi non solo ad amare i nostri fratelli ma a dare esempio, a rendere visibile attraverso la testimonianza della nostra vita, l’amore che abbiamo ricevuto da Dio e dai nostri fratelli che ci hanno generato nella fede.

Commento al Vangelo

Nel Vangelo di Matteo (Mt 22,34-40), troviamo ancora Gesù con i farisei: un dottore della Legge mette alla prova Gesù chiedendogli “qual è il grande comandamento”. I farisei riducevano la morale a una serie di precetti, di norme esteriori, preoccupandosi solo dell’esteriorità e Gesù cita a proposito lo Shemà Israel, cioè lo stesso comandamento che il credente ebreo ripeteva e ripete tre volte al giorno: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua vita e con tutta la tua mente” (Dt 6,4-5). “Questo è il grande e primo comandamento”(Mt 22,38): la risposta di Gesù è semplice ed immediata, conoscendo Lui molto bene la Torah cita i due versetti che racchiudono l'esperienza del popolo di Israele. Gesù va così al cuore della situazione, al fondamento della vita umana: l’amore per Dio, ricordandoci che solo amando Dio possiamo essere in grado di amare concretamente e veramente il nostro prossimo.
Il primo comandamento è quindi amare Dio ma questo comandamento rende necessario ed esige l’amore per il prossimo: “Il secondo poi è simile a quello: ‘Amerai il tuo prossimo come te stesso’”(Mt 22,39). L’originalità nella risposta di Gesù consiste nell'aver collocato i due comandamenti sullo stesso livello. Se amiamo, Dio ci rende partecipi del suo amore, non ci toglie niente, anzi accresce il nostro cuore e ci fa allargare le tende della nostra intimità e fecondità rendendoci capaci di amare il nostro prossimo. I due comandamenti stanno insieme, non sono due amori diversi, ma l’unico amore con direzioni diverse. Possiamo discernere se il nostro amore verso Dio è vero se siamo capaci di vivere secondo la Sua volontà che si concretizza nell’amore per il nostro prossimo: l’amore per il prossimo ci rivela se siamo veramente discepoli di Gesù.

Alcune volte siamo messi alla prova come Gesù, altre volte mettiamo noi alla prova i nostri fratelli con i nostri comportamenti, siamo motivo d’inciampo con le nostre parole o gesti, dentro di noi si nasconde non la sete di verità e di amore ma siamo centrati su di noi. Gesù capovolge la nostra mentalità, allarga i nostri orizzonti ricordandoci che amare Lui con tutto il cuore, con tutta la mente non è solo uno sforzo ascetico, né solo un compito, ma un dono di Dio, un seme da fare fruttificare: è un invito da parte da Dio di cercare la vera felicità, amando. Il vero miracolo della nostra vita è rispondere alla chiamata di Dio e scegliere ogni giorno di amare come Lui, accogliendo la nostra vocazione alla comunione e all’amore.

Commento Francescano

San Francesco d’Assisi lascia ai suoi frati la testimonianza del suo amore verso Dio e verso i suoi fratelli che amava con un amore materno, essendo lui un uomo di Dio, libero e capace di amare in pienezza. Invita i suoi frati ad avere un amore forte e umile, vivendo lui stesso nella tenerezza e nella compassione, con la gioia di vivere insieme. L’anonimo Perugino ci ricorda la vita dei primi frati e compagni di San Francesco che rendono visibile questo amore verso Dio non dividendo mai l’amore di Dio dall’amore verso il prossimo.

Si volevano bene l'un l'altro con affetto profondo, si servivano e procuravano il nutrimento con l'amore d'una madre verso i propri figli. Tanto ardeva in essi il fuoco della carità, che avrebbero volentieri dato la vita l'un per l'altro, proprio come l'avrebbero data per il nome del Signore nostro Gesù Cristo” (FF 1516).

Preghiera

L’amore è la chiave che apre ogni strada, è la risposta ad ogni situazione della nostra vita, è il dono da costruire ogni giorno nella relazione con Dio e con i nostri fratelli. Solo davanti al vero Amore ci sentiamo più piccoli e bisognosi di essere amati. Aiutaci, Signore Gesù ad amare come te, donaci il desiderio di fare la tua volontà e di costruire il tuo regno d’amore qui in terra. Amen.

Pensiero del giorno

dal 16 al 22 ottobre

Testi tratti dal libro "Mostrami il tuo volto" di P. Ignacio Larranaga
preghiera

MOSTRAMI IL TUO VOLTO


Molti cristiani temono che il processo di secolarizzazione finirà per minare le basi della fede, e che, di conseguenza, la vita di intimità con Dio verrà impedita da un progressivo indebolimento sino a estinguersi del tutto.
La mia impressione personale è esattamente opposta. La secolarizzazione può equipararsi alla notte oscura dei sensi. E’ la purificazione più radicale dell’immagine di Dio.
Come conseguenza, il credente dell’èra secolarizzata potrà vivere infine la fede pura e nuda, senza falsi sostegni.
L’immagine di Dio è stata spesso rivestita di vari paludamenti: i nostri timori e incertezze, i nostri interessi e sistemi, le nostre ambizioni, impotenze, ignoranze e limitazioni; per molti, Dio è la soluzione magica dell’impossibile, la spiegazione di tutto ciò che ignoriamo, il rifugio per gli sconfitti e gli impotenti.
Su tutte queste grucce si appoggiavano la fede e la “religiosità” di molti cristiani.
La demitizzazione va demolendo queste sovrastrutture e la fede, spogliata da questi orpelli, comincia a far apparire il vero volto del Dio della Bibbia: un Dio che pretende, disturba, sfida. Non risponde ma interpella. Non risolve ma contrasta. Non facilita, ostacola. Non spiega, provoca. Non genera bambini ma adulti.
Il Dio della Bibbia è un Dio liberatore che ci strappa dall’insicurezza, dall’ignoranza, dall’ingiustizia, non evitandocele, bensì costringendoci ad affrontarle e a superarle.

Più si prega, più si desidera pregare
Ciò è provato dall’esperienza quotidiana. Chiunque abbia cercato l’intimo contatto col Signore per un certo tempo, una volta ritornato alla vita normale si sente di volta in volta e con sempre maggior forza trascinato a incontrare Dio; le preghiere e i Sacramenti sono una festa perché li sente “pieni di Dio”. Più grande è il peso dell’oggetto-Dio, con maggior attrazione ci si sente attratti verso di lui, fintantoché il mondo e la vita si andranno “popolando” della presenza del Signore.
Troviamo conferma di ciò nella Bibbia. L’autore dei Salmi ha sete di Dio come una terra arida, come una cerva che anela ai corsi d’acqua (Sal 41). Si alza nel cuore della notte, come un amante, per “stare” con l’Amato (Sal 118). Gesù “ruba” le ore al riposo e al sonno, se ne va sui colli per “passare” la notte con il Padre.

Meno si prega, meno si desidera pregare
Esiste in fisiologia una malattia chiamata inedia (o anche inanizione). E’ un’infermità particolarmente pericolosa perché non ha sintomi spettacolari, la morte arriva silenziosamente, senza dolori. Consiste in questo: meno si mangia, meno si ha voglia di mangiare; meno si ha voglia di mangiare, meno ci si nutre e sopravviene l’inedia acuta. Così si apre e si chiude un circolo, il circolo della morte.
Nella vita interiore si ripete il medesimo ciclo. Si comincia con l’abbandonare l’orazione per ragioni valide, o apparentemente valide. L’uomo, invece di dirigersi dall’Uno verso il molteplice, in quanto portatore di Dio, si lascia dal molteplice avviluppare, rinchiudere e trattenere, colmando così il proprio intimo di freddo e dispersione.
Questa spirale procede su un vero declivio: mentre ci sciogliamo dal “totalmente Altro”, veniamo presi dagli “altri”. Cioè: mentre il mondo e gli uomini ci reclamano e sembrano colmare il senso della vita, Dio diventa una parola sempre più vuota di significato, sino a che finirà per diventare qualche cosa di vecchio e inutile che si tiene nella mano, si guarda, si rigira per concludere: «A che serve?». «Ora non serve più!». Il circolo si chiude; è lo stadio acuto dell’inedia; eccoci sul rettilineo finale della morte, della morte di Dio nella nostra vita.

Dio ci chiama ad una vita profonda
Ho l'impressione che tra i cristiani ci siano molti che hanno avuto una forte chiamata per una vita profonda con Dio, e questa chiamata stia languendo per una storia che si ripete troppo sovente: hanno cessato di pregare, hanno abbandonato gli atti di pietà, hanno sottovalutato i sacramenti, hanno rimandato l'orazione personale, hanno detto che Dio si deve cercare nell'uomo; così, per cercare Dio, hanno abbandonato Dio. Ho conosciuto persone per le quali, anche ora, provo tristezza: in altri tempi ebbero per il Signore un'attrazione fuori del comune la quale, se ben coltivata, avrebbe potuto dare alla loro vita un grande volo, e tuttavia oggi sono fredde e - perché non dirlo? - tristi.
Effettivamente, sono dominate da una sorte di frustrazione, e non sanno spiegarne il perché. Per me la spiegazione è molto chiara: là, nel fondo più intimo, nel subcosciente, stanno soffocando quella chiamata forte che agli uni è stata data e ad altri no. Una vita che sarebbe potuta fiorire nel rigoglio, è rimasta soltanto una possibilità.

Più si prega, più Dio è con noi
Chiunque può sperimentare che più profonda è l’orazione, più Dio è vicino, presente, manifesto e vivente. E quanto più risplende la gloria del volto del Signore sopra di noi (cf. Sal 30), tanto più gli avvenimenti acquistano un nuovo significato (cf. Sal 35), e la storia rimane “popolata” di Dio; in una parola, il Signore si fa vivo e presente in tutto. Non è un gioco d’azzardo; c’è un esperto timoniere che guida i fatti con sicura mano.
Quando si è “stati” con Dio, egli diventa ogni volta di più “qualcuno” col quale e per il quale si superano le difficoltà, si vincono le ripugnanze – e tutto diventa dolcezza, - si assumono con serenità i sacrifici, nasce dovunque l’amore.
E nella misura in cui il contemplativo avanza nei misteri di Dio, Dio cessa di essere idea per diventare trasparenza e inizia a essere libertà, umiltà, gaudio, amore. E via via si trasforma in una forza irresistibile e rivoluzionaria che strappa tutte le vecchie cose dal loro posto: dove c’era violenza mette soavità; dove c’era egoismo pone carità; cambia per intero la “faccia” dell’uomo.

Dio trasforma l’uomo attraverso la contemplazione
Se L’anima contemplativa continua ad avanzare per le vie del mistero di Dio, Dio diventa sempre più il tutto, l’unico, l’assoluto.
Non possiamo dire: questo non è per me. Tutto dipende dall’altezza, meglio, dalla profondità della contemplazione in cui ci immergiamo. I profeti non furono uomini eccezionali per nascita o per sorte, ma perché si dettero senza condizioni e si lasciarono trascinare ogni volta più addentro.
Ma il processo non è ancora compiuto. Nella misura in cui il contemplativo si lascia prendere, Dio assume in lui la funzione di bene che hanno tutte le realtà umane e tende a trasformarsi in “ogni bene”: per quest’anima Dio “vale” quanto una sposa affettuosa, un buon fratello, un padre sollecito, una fattoria di mille ettari, un palazzo fantastico (cf. Mt 12,46-50; Lc 8,19-21; Mc 3,31-35). Dio, in una parola, diventa ricompensa, festa, banchetto (cf. Es 19,5; Ger 24,7; Ez 37,27). «Sei tu il mio Signore, senza di te non ho alcun bene» (Sal 15).

Benedici il signore anima mia
Benedici il Signore anima mia.
Ti benedico
perché ti lasci avvicinare
posso guardarti viso a viso,
senza paura
la tua misericordia
abbraccia i miei limiti e peccati.
Benedici il Signore anima mia.
Ti benedico
perché mi hai fatto
carne della tua carne
il mio volto si rispecchia nel tuo
il tuo amore mi avvolge
così come sono
hai fiducia di me.
Benedici il Signore anima mia.
Ti benedico
perché mi aiuti a desiderare
un mondo a tua immagine
e posso osare
di costruire con te
il tuo regno in mezzo a noi.
Benedico i tuoi desideri di giustizia,
di pace, di bontà
ti chiedo che diventino i miei.
Benedici il Signore anima mia.
Mi trema il cuore
benedirti per la tua Parola:
“Voi farete cose più grandi di me
perché io vado al Padre”.
Dio mio, benedici il mio tremore.
Benedici il Signore anima mia.
Ti benedico con l’anima in ginocchio
di avermi scelto per annunciare
la bellezza del tuo regno
dove gli ultimi hanno il tuo volto e con le loro lacrime
benediciamo insieme.
Benedici il Signore anima mia.
Ti benedico per il dolore
che incrocia la mia vita
per gli innocenti
che soffrono senza colpa
per i malati che sperano guarigione
per i bambini
che hai chiamato a te
lasciandoci lacrime e armonia.
Benedici il Signore anima mia.
Ti benedico
perché con te
i ciechi vedono
i sordi ascoltano
gli zoppi corrono
i muti cantano.
Con tutti loro
il mondo intero ti benedice.
Benedici il Signore anima mia.
Ti benedico per i bambini
maestri del tuo amore
per i giovani
nel fiore dei loro anni
per gli anziani saggi
per chi nel silenzio
e nel servizio
mi fa conoscere te
che sei amore.
(Ernesto Olivero)

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