LECTIO DIVINA – 1 Settembre 2019 – XXII Domenica T. O. / C

 

Sir 3,17-20.28-29; Sal 67(68); Eb 12,18-19.22-24a; Lc 14,1.7-14;

 

Spesso il vangelo ci chiede cose che sembrano esulare dalla nostra portata. Per fortuna che c’è Gesù, che ci prende per mano e per prima cosa ci aiuta ad aprire gli occhi, spesso attraverso parabole, come accade oggi. Con questi racconti ci conduce a prendere coscienza di noi stessi e a desiderare il nostro cambiamento. Il compito di realizzare la trasformazione è di Dio,a noi spetta aprirgli la porta con fiducia e fare i piccoli passi necessari.

 

Testo e commento alle letture

 

Dal libro del Siracide (3,17-20.28-29)

 

Figlio, compi le tue opere con mitezza,
e sarai amato più di un uomo generoso.
Quanto più sei grande, tanto più fatti umile,
e troverai grazia davanti al Signore.
Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi,
ma ai miti Dio rivela i suoi segreti.
Perché grande è la potenza del Signore,
e dagli umili egli è glorificato.
Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio,
perché in lui è radicata la pianta del male.
Il cuore sapiente medita le parabole,
un orecchio attento è quanto desidera il saggio.

 

Nel prendere coscienza di noi stessi, è inevitabile guardare con onestà la nostra natura. Precarietà e insufficienza costituiscono la verità dell’uomo. L’umile è colui che riconosce questa verità e più si avvicina ad essa, più cresce in dignità, bellezza e fecondità; si tratta di doni che non si autoprocura ma che vengono da Dio. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla (Gv 15,5). Infatti non solo non possiamo darci la vita da noi stessi ma neppure fare il bene o pensarlo. Se ci riusciamo è perché l’abbiamo ricevuto in regalo dal Signore. La persona umile, dunque, è una persona autentica in quanto accetta i suoi limiti e fragilità, come anche le sue qualità in quanto dono di Dio.  

Il superbo al contrario è colui che si illude di possedere, di poter controllare e di aver poter su qualcosa o qualcuno. Il superbo vive nella menzogna, non consapevole di se stesso, di Dio e degli altri. Vive nel proprio mondo organizzato secondo la logica dell’apparire e della convenienza. In che misura riconosciamo in noi queste radici del male?

 

Dalla lettera agli Ebrei (12,18-19.22-24a)

 

Fratelli, non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola. 
Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova.

           

Scrive Karl Ranher: “Se Dio ci pone davanti agli occhi l’immagine secondo la quale siamo stati creati, allora non guardiamo solo nella problematicità della nostra esistenza. Dio, costringendoci a domandarci chi siamo, ci dà insieme la sua risposta”. Siamo fatti per la Gerusalemme celeste e la chiave d’accesso è Gesù crocifisso. La croce ci parla chiaro: “l’insuccesso è l’unico modo di penetrare nell’eternità beata e costituisce l’inizio della gloria”. Da quando Cristo è risorto, il fallimento è fonte di resurrezione per chi crede! La trasformazione di noi stessi passa per l’insuccesso, la morte e la resurrezione perché Cristo ci ha aperto questa strada dell’ alleanza nuova.

 

Testo e commento al Vangelo

 

Dal Vangelo secondo Luca (14, 1.7-14)

 

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

 

Il primo posto nei banchetti è quello meglio servito; dunque, se lo si sceglie, è per propria convenienza. Se si invita chi può ricambiare il favore, lo si fa per propria convenienza. Cristo vuol condurci ad abbracciare un’altra logica di vivere, quella di scegliere la convenienza dell’altro e non la nostra. Inoltre la ricompensa vera non viene dagli uomini ma da Dio solo.

Scegliere l’ultimo posto non è detto che sia umiltà. Cristo ci chiede molto di più: ci chiede di scegliere l’ultimo posto perché l’altro sia servito meglio di noi o, ancora peggio, può chiederci di servire l’altro. È contro l’istinto umano comportarsi così, si può farlo solo per amore. Infatti sa farlo la madre verso il figlio. Ebbene, il Signore ci chiede di essere madri nei confronti di coloro che non abbiamo partorito, verso coloro con cui non condividiamo niente e verso i quali magari non proviamo niente o addirittura proviamo repulsione. Comportarci come ci chiede Dio è certamente un’umiliazione per il nostro orgoglio ma Lui ci dice che esattamente questa è la gloria. Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato. Gli umili permettono la glorificazione di Dio, e di conseguenza dell’amore, perché hanno rinunciato a se stessi per gli altri. In questo modo l’umile si fa canale della grazia di Dio per sé e per gli altri.

La proposta del Vangelo, umanamente parlando, sembra piuttosto difficile ma in realtà il Signore non ci chiede di procurarci da noi stessi il cambiamento dei nostri sentimenti e delle nostre azioni. Ci chiede però di metterci sotto la sua luce e di lasciarci scrutare da Lui, con un atteggiamento di onestà che fa sperimentare la gioia di avere una relazione autentica con Cristo. A cambiarci ci penserà Lui. A volere il cambiamento e a fare i piccoli passi necessari ci dobbiamo pensare noi.  

 

Commento francescano (Fioretti: FF 1915)

 

[…] santo Francesco in fervore di spirito sì dicea: «Chi se’ tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?»

 

L’amore è un abisso. Più si prova a viverlo, più ci si rende conto che c’è un oltre che ci supera. Così Francesco a La Verna sente tutta la distanza tra se stesso e Dio (Chi sei tu, Dio? E chi sono io?), che sarà colmata da Dio stesso. Fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore. La consapevolezza di questa distanza ci richiama a viverla con onestà e ci conduce a constatare l’inevitabile fallimento umano. “Non dobbiamo mascherare il nostro fallimento, ma aprirci fiduciosi alla speranza in Dio, come ha fatto Gesù. La risurrezione di Gesù – ha detto papa Francesco – non è il finale lieto di una bella favola, non è l’happy end di un film, ma è l’intervento di Dio Padre là dove s’infrange la speranza umana.”

                                                      

Commento patristico (San Tommaso d’ Aquino, Somma teologica)

 

Alla magnanimità che eccita, occorre il contrappeso di una virtù che sia freno all’animo affinchè non tenda smodatamente a cose alte: tale virtù è l’umiltà. Questo freno viene dal conoscere ciò che è sproporzionato alle proprie forze; cosicchè la cognizione dei propri difetti è per l’umiltà la regola direttiva e l’umiltà consiste nello stesso freno dell’appetito.

  

Orazione finale

 

Padre, insegnaci a non lasciarci scoraggiare dalla nostra precarietà e dalla nostre insufficienze ma a riconoscere in esse la porta della tua grazia. Per Cristo nostro Signore.

Articoli consigliati