Nel Libro della Genesi, che si declina in chiave di relazioni fraterne, troviamo diverse storie di fratelli (e di sorelle, se consideriamo anche Lia e Rachele), con esiti diversi.
Si inizia subito «col botto» nella vicenda di Caino e Abele, dove il fratello non solo non è riconosciuto come tale, ma addirittura viene eliminato, negando ogni tipo di relazione, per poi passare a una fraternità evitata, nella vicenda di Abramo e del nipote Lot (che lui però chiama fratello), quando gli propone di dividersi gli spazi vitali: «Non vi sia discordia tra me e te ( dice Abramo), tra i miei mandriani e i tuoi, perché noi siamo fratelli. Non sta forse davanti a te tutto il territorio? Sepàrati da me. Se tu vai a sinistra, io andrò a destra; se tu vai a destra io andrò a sinistra» (Gen 13,8-9).
Nella vicenda di Giacobbe ed Esaù, la più vicina alla storia di Giuseppe e dei suoi fratelli, incontriamo la fraternità riconciliata, che non porta all’annullamento delle caratteristiche negative che hanno innescato il conflitto, ma ci fa capire che è necessario andare oltre, non stare lì a contare i passi dell’altro, quando si ha a cuore la ricostruzione di una relazione interrotta, magari proprio per colpa dell’altro.
Tutti questi personaggi trovano il loro compimento nelle vicende di Giuseppe venduto dai fratelli, che costituiscono il vertice di un percorso verso la fraternità che, dopo la distruzione, viene ritrovata.
(don Michele Tartaglia)