LECTIO DIVINA – 13 Maggio 2018 – VII Domenica di Pasqua – Ascensione del Signore / B

               

 

       At 1,1-11; Sal 46; Ef 4,1-13; Mc 16,15-20

 

 

Nel Sabato Santo, con la discesa agl’Inferi, il Signore ha toccato il vertice del suo abbassamento verso di noi compiendo, da morto, un “viaggio dell’anima” “nelle profondità del passato dell’umanità” (Benedetto XVI).

Oggi, con l’evento straordinario dell’Ascensione al Cielo, tocca l’apice della sua parabola umana e divina insieme, portando dentro la Trinità, quindi fra le braccia di Dio, la nostra natura umana. Dentro questo movimento di discesa e di ascesa, il Figlio di Dio di noi ha assunto e vissuto tutto: il corpo di carne, i sentimenti, l’amicizia, l’amore, il lavoro, lo studio, la fede, le lacrime, il dolore, la morte, la famiglia, l’essere figlio, amico, Maestro…

In che cosa si è distinto da noi uomini? Nella capacità di donare tutta la sua vita, senza trattenere nulla per sè, fino a compiere “miracoli” (letteralmente “cose meravigliose”), guarigioni che sono anticipi di Risurrezione, di vita divina che ridà forza alla fragilità umana.

 

Commento alle letture

 

Dagli Atti degli Apostoli (At 1,1-11) 

 

1Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi  2fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. 3Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. 4Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’adempimento della promessa del Padre, «quella – disse – che voi avete udito da me: 5Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». 6Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». 7Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, 8ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra». 9Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. 10Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro 11e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo».

 

Siamo vicini alla Pentecoste, il battesimo “in Spirito Santo”, che avverrà a Gerusalemme, il luogo della Passione: per questo Gesù ordina agli apostoli di non lasciare la città. Lo spazio in cui l’apparente fallimento della vita di Cristo si è consumato, è lo stesso nel quale Egli trionfa sulla morte e lascia che la storia della Salvezza continui attraverso gli apostoli.

Era necessario che il Suo corpo si spezzasse per donare a noi la sua vita divina; dopo la Risurrezione, gli Undici vengono istruiti per 40 giorni, il numero della pienezza: a loro il Signore consegna tutto il suo messaggio e, presto, tutto il suo Spirito perchè chi lo riceve possa divenire missionario, inviato.

L’uomo sente il bisogno di vedere concretamente realizzato il Regno di Dio subito, davanti ai propri occhi e secondo le sue aspettative (vv. 6-7), ma Gesù educa la nostra impazienza sui tempi e sui modi che appartengono solo a Dio: questa non-conoscenza non deve essere fonte di incertezza, di rabbia o di scoraggiamento, ma di maggiore fiducia e abbandono in Lui, che mai ci lascia privi della forza del suo Spirito e che, così come è tornato al Padre, così si manifesterà a ciascuno di noi al momento opportuno.

 

Dalla Lettera di San Paolo apostolo agli Efesini (Ef 4,1-13)

 

1Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, 2con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, 3avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. 4Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; 5un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. 6Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. 7A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. 8Per questo è detto: Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini. 9Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? 10Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose. 11Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, 12per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, 13finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.

 

Due espressioni riechieggiano all’interno del brano: la parola “prigioniero/prigionieri” e l’espressione “uno solo/una sola”, ripetuta sette volte di seguito con l’insistenza di chi, infiammato dalla passione che gli deriva dall’esperienza personale, desidera che ogni uomo conosca il Dio di Gesù Cristo e cammini incontro a Lui.

Il prigioniero è colui che “preso”, catturato da un amore irresistibile, vive la sofferenza della persecuzione addirittura come privilegio: la salvezza degli uomini, attraverso la diffusione del Vangelo, è più importante della sua stessa vita. E l’insistenza sull’indirizzo “unico” e “solo”al quale dirigersi per incontrare il Signore non è un richiamo all’omologazione, perché a ciascuno sono dati doni differenti: unica è la direzione “fino all’uomo perfetto”, cioè Cristo, e tanti sono i modi di percorrere la strada che porta fino a Lui. Qual è la strada che Lui ha pensato per me?

 

Commento al Vangelo

 

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 16,15-20)

 

15E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». 19Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. 20Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

 

Siamo sedotti da “parole”, “piaceri epidermici” e “rumori ad una velocità sempre crescente” che, terminata la corsa, ci abbandonano al vuoto, alla frammentazione interiore, all'”insoddisfazione di chi non sa per che cosa vive”: “Come dunque non riconoscere che abbiamo bisogno di fermare questa corsa febbrile per recuperare uno spazio personale, a volte doloroso ma sempre fecondo, in cui si intavola il dialogo sincero con Dio? In qualche momento dovremo guardare in faccia la verità di noi stessi, per lasciarla invadere dal Signore” (Gaudete et exultate 29-30).

Nell’esortazione apostolica uscita lo scorso 19 marzo, il Papa ci invita a “ridare allegria, gioia” e ad “esultare”, due atteggiamenti che, almeno in apparenza, appaiono difficili se non impossibili in questi giorni attraversati da venti di guerra, terrore, disprezzo per la vita, mancanza di lavoro, di salute, di amore. Eppure l’invito del Papa è realizzabile proprio alla luce dell’evento che oggi ricordiamo: quello dell’Ascensione di Cristo, che tornando accanto al Padre e allo Spirito Santo, ha portato la nostra natura umana dentro la Trinità, dentro la relazione d’Amore divino che è modello e alimento per ogni tipo di relazione umana.

L'”allegria”, la “gioia” sono movimenti dell’anima che ci portano per definizione fuori da noi stessi: non a caso si dice “essere fuori di sè dalla gioia, saltare di gioia”; e l'”allegro”, in particolare, è un gioioso attivo, che “vive in comunione”, “condivide” e “partecipa” la propria “sicurezza interiore”, la “serenità piena di speranza” che nemmeno “momenti duri e tempi di croce” possono distruggere (GE, 128 e 125).

Anche l'”esultanza” è un “salto fuori” dal nostro egocentrismo, dalle occupazioni personali, dai nostri orizzonti ristretti, per gioire. È un circolo in movimento, una spirale che, pian piano, ci eleva dalla nostra meschinità e allarga i nostri orizzonti. La vita nuova (vv. 17-19) che così si crea in noi non può non essere condivisa con chi già la sperimenta e, soprattutto, non può non essere donata a chi non l’ha conosciuta o, pur desiderandola, non ha ancora trovato il “trampolino” giusto per iniziare.

La via per questo cambiamento di qualità della nostra vita interiore è già aperta dal Signore che è asceso al Cielo.

 

Commento patristico

 

“Cristo…pur trovandosi lassù, resta ancora con noi. E noi, similmente, pur dimorando quaggiù, siamo già con lui. Cristo può assumere questo comportamento in forza della sua divinità e onnipotenza. A noi, invece, è possibile, non perché siamo esseri divini, ma per l’amore che nutriamo per lui” (dai “Discorsi” di sant’Agostino, vescovo).

 

“Questa è l’energia delle grandi anime, questa la grande luce dei cuori fedeli: il credere senza esitazione le cose che non si vedono con gli occhi e lì fissare il desiderio dove non si può spingere lo sguardo” (dai Discorsi di S Leone Magno, papa).

 

Commento francescano

 

“Nessuno deve meravigliarsi se questo profeta del nostro tempo (San Francesco) si distingueva per tali privilegi: il suo intelletto, libero dalla nebbia densa delle cose terrene e non più soggetto alle lusinghe della carne, saliva leggero alle altezze celesti e si immergeva puro nella luce. Irradiato in tal modo dallo splendore della luce eterna, attingeva dalla Parola increata ciò che riecheggiava nelle parole. Oh, quanto siamo diversi oggi, noi che avvolti dalle tenebre ignoriamo anche le cose necessarie!

E quale la causa, se non perché siamo amici della carne ed anche noi ci imbrattiamo di mondanità? Se invece assieme alle mani, innalzassimo i nostri cuori al cielo, se stabilissimo la nostra dimora nei beni eterni, verremmo forse a conoscere ciò che ignoriamo: Dio e noi stessi.

Chi vive nel fango, vede necessariamente solo fango; mentre non è possibile che l’occhio fisso al cielo non comprenda le realtà celesti” (Vita seconda di Tommaso da Celano, FF 640).

 

“Colloca i tuoi occhi davanti allo specchio dell’eternità, colloca la tua anima nello splendore della gloria, colloca il tuo cuore in Colui che é figura della divina sostanza, e trasformati interamente, per mezzo della contemplazione, nella immagine della divinità di Lui” (Lettera terza ad Agnese di Praga, FF 2888).

 

Preghiera finale

 

O Dio, che sei Padre e Figlio e Spirito Santo, guidaci sulla strada della santità: non spegnere in noi lo spirito di preghiera, mezzo essenziale per uscire da noi stessi nella lode e allargare i nostri confini ristretti nella contemplazione del tuo Amore per noi. Amen (cfr. GE 147).

 

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