LECTIO DIVINA – 19 Marzo 2018 – Solennità di S. Giuseppe, Sposo della B. V. Maria

             

 

     2 Sam 7,4-5.12-14.16; Sal 88; Rm 4,13.16-18.22; Mt 1,16.18-21.24

 

In Gesù Cristo Dio ha preso corpo, si è fatto carne umana, dentro una famiglia naturale visitata dal soprannaturale. I temi del corpo, della sessualità, della procreazione e dell’amore di coppia sono oggi esasperati da media, social e politica, che mettono l’accento sull’ego, sull’autodeterminazione, sulla piena disponibilità del proprio corpo e delle facoltà generative, sull’edonismo e sull’estetica, sul machismo e sul sex appeal, sulla confusione di ruoli fra uomo e donna: il Creatore sembra essere scomparso dall’orizzonte della nostra vita fisica e psichica. La figura di San Giuseppe, vero uomo, padre e credente, può essere un modello per ricostruire nuovi equilibri in questo tempo di ansie, di frenesie, di crisi famigliari e di paternità.

 

Commento alle letture

 

Il profeta Natan predice a Davide la nascita di un Messia Salvatore all’interno della sua discendenza, un Re il cui trono sarà stabile (2 Sam 7,12). Gesù s’inserisce nell’albero genealogico di Davide grazie a Giuseppe che, al figlio affidatogli in custodia dal Signore, darà il nome Yeshùa, “Dio salva”. Il trono stabile dal quale Egli regnerà sarà quello della croce ovvero del dono per amore della propria vita.

 

Tramite Giuseppe il “Dio che salva” è anche figlio di Abramo, “padre di molti popoli”, quindi portatore di una salvezza universale (Rm 4,17).

Il giusto è colui che compie, come Abramo, la volontà di Dio. La fede del “fidanzato” Giuseppe (che è fiducia contenuta nel sostantivo “fidanzato/fidanzata”, colui o colei in cui si ha confidenza, sicuri che la promessa sarà mantenuta) è la fede del giusto: per questa “fede” Giuseppe diviene “erede”, ovvero entra in possesso del patrimonio divino, un possesso che non rende padroni assoluti, ma amministratori dei tesori del Signore. 

 

Commento al Vangelo

 

Giuseppe (in ebraico Yohsèf , “Dio aggiunga”) è un vero ebreo credente ed è, con Maria, il primo cristiano della storia, il primo discepolo di Cristo, colui che fa spazio spazio in sé e nella vita della sua famiglia all’intervento divino.

La narrazione dell’evangelista Matteo sugli eventi dell’infanzia di Gesù è costruita per consentire l’immedesimazione del lettore con Giuseppe: insieme a lui restiamo titubanti e timorosi di fronte alla misteriosa gravidanza di Maryām (“amata da Dio”), con lui apprendiamo dall’angelo in sogno la rivelazione che le Sacre Scritture si stanno compiendo proprio nella fidanzata Maria, con lui ci risvegliamo dal sonno, risorgiamo dalle nostre incertezze e dai timori per agire, per custodire la Parola di Dio e colei che la porta in grembo.

Il silenzio di Giuseppe nei Vangeli mette in risalto la profondità del suo ascolto e la sua natura di uomo d’azione. La Storia della Salvezza si compie dentro una vita normale, dentro una famiglia, dentro il lavoro, dentro la fatica, dentro i timori che accompagnano ogni esistenza umana: quello che manca a noi, spesso, è la radicalità della fede. Giuseppe ha messo radici, genealogiche e spirituali, in Dio e nella Sua Parola: per questo la sua paternità è stabile nonostante le difficoltà; per questo, come ogni padre dovrebbe fare, è in grado di preparare il figlio ad affrontare la vita che lo aspetta.

 

Commento patristico

 

“Molti perdonano le mogli adultere spinti dall’amore carnale, volendo tenerle, benché adultere, allo scopo di goderle per soddisfare la propria passione carnale. Questo marito giusto invece non vuole tenerla; il suo alletto dunque non ha nulla di carnale; eppure non la vuole nemmeno punire; il suo perdono, dunque, è solo ispirato dalla misericordia”.

“La Madonna s’era scelta un uomo giusto, che non sarebbe ricorso alla violenza per toglierle quanto aveva votato a Dio, che anzi l’avrebbe protetta contro ogni violenza”.

“Colui dunque che dice: «Giuseppe non doveva essere chiamato padre, perché non aveva generato il figlio», nel procreare i figli cerca la libidine, non l’affetto ispirato dalla carità. Giuseppe con l’animo compiva meglio ciò che altri desidera compiere con la carne. Giuseppe non solo doveva essere padre ma doveva esserlo in sommo grado”.

(da Sant’Agostino, Sermone sulla Genealogia di Cristo, 417 d.C. ca.)

 

Commento francescano

 

Per l’uomo biblico i sogni sono più realistici di visioni e apparizioni: nel sogno Dio rivela al credente i suoi disegni. Anche Francesco, prima della conversione, è visitato da Dio nel sonno: la prima volta “si sente chiamare per nome e lusingare con la promessa di tutti quei beni” ovvero “uno splendido palazzo” contenente “armi di ogni specie e una bellissima sposa”. “Il suo spirito mondano gli suggeriva un’interpretazione mondana della visione” inducendolo a prepararsi per “arruolarsi per la Puglia…nella speranza di essere presto insignito del grado di cavaliere” (FF 586).

Mentre viaggia verso la sua destinazione gloriosa, il Signore lo visita di nuovo nel sonno e gli domanda “chi ritiene possa essergli più utile: il servo o il padrone?

“Il padrone”, risponde Francesco.

“E allora – riprende la voce – perché cerchi il servo in luogo del padrone?”.

E Francesco: “Che cosa vuoi che io faccia, Signore?”.

Ritorna – gli risponde il Signore – alla tua terra natale, perché per opera mia si adempirà spiritualmente la tua visione”.

Ritornò senza indugio, fatto ormai modello di obbedienza e trasformato con il rinnegamento della sua volontà da Saulo in Paolo” (FF 587).

 

Preghiera finale

 

O Dio, Padre di ogni uomo, che hai voluto consegnare Tuo Figlio nelle mani di Giuseppe, uomo come noi, aiutaci ad essere come lui giusti, nel compiere la Tua volontà, prudenti, nell’agire e nel parlare, forti, nell’affrontare la vita, temperanti, nel soddisfare i nostri bisogni. Aumenta la nostra fiducia in Te, la speranza che la Salvezza ci raggiunge anche nelle pieghe più ordinarie della vita, l’amore per Te e per chi vive insieme a noi. Amen

 

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