Ml 1,14b -2,2b.8-10; Sal 130,1-3; 1Ts 2,7-9.13; Mt 23,1-12
Le letture della XXXI Domenica del tempo ordinario ci invitano a riflettere se ci appropriamo dei ruoli, dei servizi svolti per il bene comune oppure svolgiamo tutto nella carità di Cristo. La via indicata da Gesù è servire senza spadroneggiare sui fratelli come fanno gli scribi e i farisei che dicono agli altri cosa devono fare e loro non operano ciò che comandano.
Commento alle letture
Nella prima lettura troviamo il profeta Malachìa che condanna non i grandi atti di tradimento ma i piccoli gesti quotidiani con cui, con furbizia, si inganna la fiducia del prossimo. Occorre insegnare la verità e la rettitudine morale, non usare parzialità nell’applicazione della legge, agire con trasparenza e pacificamente: sono questi alcuni richiami forti che il testo del profeta pone alla nostra attenzione, perché ne facciamo tesoro tutti. Malachìa ci ricorda anche che questo modo evangelico di fare ci predispone a compiere cose più grandi. Perché ci inganniamo?: “Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia l’uno contro l’altro”? (v. 10).
Nella seconda lettura san Paolo ci descrive quello che dovrebbe essere il comportamento del vero cristiano. Paolo, perfetto imitatore di Cristo, svolge un servizio materno, pronto a dare la vita per i suoi fratelli: “Avremmo desiderato trasmettervi non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari” (v.8). La comunità cristiana è allora il luogo dove l’esperienza di Dio e l’esperienza della fraternità determinano e plasmano il modo di agire, di vivere, di relazionarsi reciprocamente, in un’atmosfera di famiglia.
Commento al Vangelo
Il brano evangelico di Matteo di oggi è l’inizio dell’ultimo discorso pubblico di Gesù in cui rivolge una denuncia nei confronti dei responsabili della comunità giudaica, scribi e farisei, i quali danno ordini agli altri e a loro piace solo di essere riconosciuti maestri e guide. Gesù esorta a non imitarli: “Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno”(v.3). Può sembrare che questo discorso non ci riguardi e non ci coinvolga direttamente, invece ci interpella perché ognuno di noi è maestro/ padre e allo stesso tempo è discepolo/figlio , è capo e guida in famiglia, sul lavoro e nei vari ambienti della vita quotidiana. Allora l’ammonimento di Gesù è rivolto anche a noi. Fariseo è ognuno di noi quando riduce il Vangelo all’apparire più che all’essere, al dire più che al fare, alla legalità più che alla moralità interiore, alle opere della legge più che alla fede che vivifica le opere, al compromesso accomodante più che alla testimonianza coraggiosa, alla glorificazione del proprio io più che alla gloria di Dio. Anche noi possiamo trovarci nella condizione di coloro che dicono e non fanno, infatti quante ‘prediche’ facciamo agli altri e poi siamo noi i primi a non vivere quello che raccomandiamo. Siamo tutti fratelli ci ammonisce Gesù, tutti salvati, tutti perdonati ed in questo popolo di salvati ognuno ha un ruolo, un compito, un ministero. Accogliamo l’invito di Gesù a non consideraci superiori agli altri ma mettiamoci a servizio dei fratelli per amore di Dio. “ Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato”(v. 12): in questa Chiesa sarà allora bandita la presunzione e si vivrà nella più completa fratellanza.
Commento francescano
San Francesco esortava i suoi frati a non esaltarsi e a non gloriarsi di nulla, infatti diceva: “Scongiuro, nella carità che è Dio, tutti i miei frati occupati nella predicazione, nell’orazione, nel lavoro, sia chierici che laici, che cerchino di umiliarsi in tutte le cose, di non gloriarsi, né di godere tra sé, né esaltarsi dentro di sé delle buone parole e delle opere, anzi di nessun bene che Dio fa o dice e opera talvolta in loro e per mezzo di loro” (Rnb cap. XVII, FF 47 ). “Di tutte le virtù è custode e decoro l’umiltà, se questa non è messa come fondamento dell’edificio spirituale, quando esso sembra innalzarsi si avvia alla rovina” (2Cel cap CII, FF 724).
Orazione finale
Donaci Signore un cuore umile e povero capace di riconoscere che tutti i doni e tutti i benefici che tu operi in noi sono per il bene dei nostri fratelli, insegnaci a non esaltarci per ciò che compiano e a non spadroneggiare su coloro che tu ci affidi. Per Cristo nostro Signore.